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Come stai?

21 Novembre 2006

Il pilota automatico ci fa rispondere solitamente “bene, grazie”, poi c’è chi si sbilancia con un “alla grande” oppure chi arranca con un “non c’è male”. Riflettendoci questa domanda ce la sentiamo porre varie volte in un giorno ma quando mai il nostro interlocutore ascolta la risposta e soprattutto quante volte noi non rispondiamo con la verità?

 

Ci interessa sul serio sapere come stanno le altre persone? Dal mio canto mi sono accorta che troppo spesso non chiedo più di un generico “come va”, come dire se ci sono novità, se è successo qualcosa, se si è stati in qualche posto interessante, se è accaduto un fatto che valga la pena raccontare: dimmi cosa fai e ti dirò chi sei. Invece non è giusto perché prima del verbo avere o prima del fare, c’è l’essere… il sentire, il provare.

 

C’è lo stato d’animo, che non sempre combacia con l’(iper)attività del quotidiano.

 

Sapete perché mi sono accorta di questa – a mio avviso – grave mancanza? Perché sono una che ama mettersi in discussione, pure troppo. E quindi, dopo l’ennesima volta in cui parte degli amici che mi circondano non si sono resi conto che non sto bene, che non sono al cento per cento, che ho forse bisogno di un abbraccio ma, di contro, hanno percepito perfettamente che sono più assente, meno coinvolta, meno partecipe e si sono limitati a sentirsi defraudati della solita Daniela – quasi come se fossi un diritto acquisito, mi sono messa una mano sul cuore cercando di capire quante volte, a ruoli invertiti, possa essere successo a me di commettere una tale leggerezza. No, questo post non è nato per dire che non sono sempre la vostra ancora di salvezza, non sono sempre la roccia granitica o una certezza… non è nato per dire che qualche volta avrei voglia di sentirmi porre la fatidica domanda, sentirmi dire (e non solo dalla mia famiglia) che tutto andrà bene, che tutto si aggiusterà… non è nato per dirvi che la verità sta sempre nel mezzo e se qualcuno percepisce che mi sono allontanata non dovrebbe limitarsi a farmelo notare, ma a farsi l’esame di coscienza su cosa ha fatto per evitarlo, per quanto riguarda il suo 50% di responsabilità.

 

Comunque ormai l’ho detto, qualora non vi risultasse facile leggere tra le righe.

 

Sarebbe troppo semplice e superficiale limitarmi ad accusare le persone di scarsa comprensione e, con il guscio d’uovo calcato sulla testa, mettermi a piagnucolare del perché sono sempre tutti pronti a prendere e raramente invece a dare di propria sponte: è un errore che ognuno di noi commette, io per prima. Quindi vi chiedo scusa se a volte vi ho ammorbato di fatti inutili e non ho invece capito che avreste avuto bisogno d’altro, troppo concentrata a specchiarmi in voi e a non andare oltre. Ho deciso che vi chiederò più spesso come state, come vi sentite. Vi prometto che ascolterò la risposta. Vi prometto che cercherò più spesso di mettermi nei vostri panni.

 

Perché vi voglio bene e perchè non sarei la stessa persona, senza di voi.

 

E perché ora che non lo state facendo, non sapete quanto mi manca.

 

LdC 

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  1. Spesso mi chiedo, in questo periodo in particolare, quanta responsabilità abbia ciascuno di noi, nel ritrarsi dal consesso sociale, dell’esser trascurato che rimprovera agli altri… in soldoni, personalmente, quanto, col mio carattere scontroso, posso imputare agli altri come scusa per non chiedermi “come stai?”?!

  2. Secondo me chi ti conosce e ti ama sa come chiedertelo, quando chiedertelo… senza per forza intaccare il tuo carattere. Anche io dò l’impressione di non aver bisogno che mi si chieda “come stai” perchè ho quest’aura di donna che se la sa cavare, quando invece chi mi è più vicino sa quanto questo sia solo una sottilissima glassa e difatti me lo chiede (es: il mio collega preferito).

  3. Con me non è così semplice… gli Amici veri son tutti distanti e di certo non ti vedono né ti sentono così di frequente da poter “percepire” se qualcosa non va, a meno di non dirglielo…cosa che “lungi da me!”. E’ ovvio che è più semplice per chi mi è accanto tutti i giorni (leggi Eliseth) e si becca tutti i tiramenti di culo lavorativi.

  4. Dani, posso consigliarti un libro

    Frammenti di un insegnamento sconosciuto, di P.D. Ouspensky

    Non è solo sul “come stai” che parte l’automatismo ^_^

    Ah, io, se interessa… potrei stare meglio ma sono abituata alle strade in salita ^_^

  5. che strano. abbiamo vissuto le stesse cose… pure io domenica stavo male e pensavo a tutte le persone per le quali, in situazioni simili, sarei corsa in soccorso e loro, invece, in quel momento non c’erano

  6. Caffe’ the me era una battuta di Una donna in carriera se non sbaglio..

    Personalmente ho notato che sei giu di tono..dalle poche mail che ci scambiamo..dalla brevita’ di esse..Dani da parte mia non ti chiedo come stai per il semplice motivo che penso che se una persona non sta bene, ha le paturnie o e’ in un mood negativo va lasciata sola..I mean senza gente che le ronza attorno e le chieda sempre che cosa non va..Io sono una di quelle che fa cosi..se vedo che dall’altra parte c’e’ qualcosa di storto lascio me stessa in silenzio pronta pero’ a riceverti se hai volgia di parlare..

    Mi sono spiegata come una del burkina faso immigrata in italia da 2 giorni ma il succo spero si sia capito..

  7. Epurazione dei commenti off topic per una volta sola poi prometto che non lo faccio più. Sorry ma a questo post tengo particolarmente e il mettersi a parlar del più e del meno a mio avviso ci stava il giusto.

    Mi faccio perdonare omaggiandovi con questo.

    Grazie della comprensione :o)

  8. Credo che nessuno di noi sia una roccia… però a qualcuno riesce molto più semplice che ad altri alzare la cornetta del telefono e dire semplicemente “sto a pezzi”…

    Per altri, me compresa, il momento di disagio è qualcosa da vivere rintanata sul fondo dell’armadio, forse perchè è più grande la paura di fare quella fatidica telefonata e trovare il silenzio dall’altra parte, del problema stesso da affrontare…

    Ma il rovescio della medaglia è che anche i più “volenterosi” hanno smesso da tempo di chiedermi “come stai?”… ed solo una mia responsabilita… temo…

    Un abbraccio…

    Paola

  9. Concordo pienamente con te, a volte, spesso, si chiede come stai? tanto perchè usa così non per altro, o perchè non si sa cosa dire quando si incontra una persona.

    Io sono una di quelle persone che quando lo chiede lo fa perchè le interessa la risposta e vorrebbe ricevere altrettanta attenzione dagli altri,ma mi rendo conto che non è così.Mi spiace,ma mi rendo anche conto che molte persone sono egoiste e pensano solo a se stesse e basta, io sono una persona che ci tiene molto a queste cose e tutto questo mi lascia dell’amaro in bocca….

    Non per questo devo cambiare,ma solo provare a non restarci male.

    L’altra sera era una di quelle sere dove avrei ricevuto volentieri un abbraccio da un’amico/a, forse il luogo in cui mi trovavo e le persone con cui stavo non erano le + adatte…. ciao Luna!

  10. Anche conoscere delle persone che nei momenti bui si chiudono ermeticamente in se stessi non è facile chiedergli “come stai?” io ho un’amico che è così ed è un’impresa quasi impossibile riuscirci, sparisce e poi quando gli va riappare….. questo lo interpreto come un segnale….

  11. Tu sei una rarita’ mia cara e purtroppo spesso se ne paga il prezzo e hai ragione ecccchecazzo ….. Io posso darti un abbraccione virtuale ma grande come una casa e dirti che il post che hai scritto e’ meraviglioso!!! Sei sempre avanti un pezzo ma questo fa si che ti giri e gli altri sono spesso dietro …. impossibilitati anche non solo ad abbracciarti ma anche solo a raggiungerti… Crisss

  12. Io spesso mi sono chiesta come fanno i miei amici a sopportarmi!

    Per me non è facile capire al colo gli stati d’animo della persona che ho di fronte e mi dispiace non cogliere al volo la sofferenza di un amico perchè mi fa sentire frustrata, perchè non mi fa sentire di appoggio.

    Per non fare sentire gli altri così, come mi sento io, generalmente lo dico, chiamo, fracasso le pa**e, chiedo consigli, chiedo aiuto….insomma,se sto male lo dico…subito!

    ..e alle volte mi rendo conto che sono anche un pò spaccamaroni!

    Coque

  13. Mi rendo conto che in questa immagine di donna forte ed imperturbabile mi ci sono infilata un po’ da sola dando sempre più spazio al mio lato perfetto che a quello fragile e quindi è soprattutto colpa mia… Mi aspetto magari che chi mi conosce meglio sappia vedere oltre e non limitarsi a sbrodolare su di me le proprie questioni (tra l’altro il mio sguardo vitreo talvolta potrebbe essere indicativo di un vago malessere, ma forse mi sono inflazionata troppo nel passato e ora si dà per scontato che io ora stia sempre bene). C’è comunque da dire che nemmeno da parte mia si è alzata mai una manina con un cartello con su scritto HELP. Al solito in medio stat virtus.

  14. Quando sto male non sono una che chiama gli amici per farsi consolare, ho sempre paura di disturbare… o forse è + la paura di sentirmi “liquidare” in breve tempo….. di solito mi rifugio tra le parole dolci, comprensive e sincere di mia mamma, anche perchè essendo una ragazza molto riservata ho solo pochi amici a cui racconto veramente tutto o quasi!! baci LdC

  15. io che ti leggo da poco mi ero fatto di te un’idea di ragazza + tosta che fragile…… cmq ognuno di noi nasconde dentro di se una fragilità, sta nel farla vedere o no a volte anche solo per difendersi….

  16. Ecco, credo di essere la tua gemella separata alla nascita, e non solo per la figurina di audrey che non essendo tecnologica non so come si chiama.

    Viene automatico rispondere “Bene!” anche adesso, poi ci penso e mi dico “se ti dicessi che sto male, che mi sento defraudata di giorni belli, che non ho capito, che mi sento grassa e inutile e che mi manca una persona a cui chiedere come stai pechè voglio veramente sapere come sta, tu cosa avresti, a parte un sorriso prestampato di imbarazzo?”

    e quindi è molto più facile “Bene”.

    (sono arrivata qui passando dalla vale. Io SO che non mi innamorerò mai più, e questa è un’altra cosa che potrei dire quando mi chiedono “come stai?”)

  17. Qualsiasi parola, ivi compreso il solo incipit di questo commento, suona come un alibi, ebbene nonostante questo almeno una parola la voglio dire, ed è “SCUSA”.

    A dire il vero non solo questo ma due volte questo dovrebbe essere poichè ho ripensato ieri sera ad una frase della nostra conversazione telefonica, … a proposito di tirar fuori +++… ed avevo provato la forte voglia d’aver sulla strada un occasione simile, una specie d’invidia dolce verso di Te.

    Bene, da quel pensiero alla lettura di questo post, anche se in condizioni di brillantezza che neanche il SIDOL …, ai pàsa un smàss (dove per smàss intendesi unità di misura che in senso figurato indica un ordine di grandezza sballato rispetto al contesto in senso tecnico un palmo ovvero tra i 20 ed i 25 cm).

    Non Ti ho mai pensata come una roccia granitica, ne tanto meno come il suo contrario; Ti ho sempre vista come una donna che cerca nelle proprie passioni l’ispirazione per un equililbrio che Le permetta di accedere a giusti sprazzi di serenità, sebbene in cuor proprio non disdegni l’opzione “botta di felicità pura”.

    Ora leggendoTi vorrei poterTi restituire la sensazione d’avere un punto cui accedere senza che questo sia chiedere anzi al contrario sia solo un’autorizzazione al dare.

    Un’autorizzazione ad una piccola invasione di quelle stanze segrete sapendo bene che l’impresa di restauro ha capacità limitate e per tal esplicito motivo non prometterà mirabolanti miracoli ma cercherà di evitare sbavature …

    K&T

    PS: sperando di non essere stato ridicolo un bacio con il cuore!

  18. Mah,forse il mio ultimo post potrebbe essere anche rivelatore…

    Pensaci un pò..Certe volte stare un pò per gli affare propri non è così male… Fare un reset e poi riprendere come prima…

    Ciao

  19. @anonimo/a: tosta. Sì, soprattutto e per la maggior parte del tempo. Ma essere tosta non significa che la tua presenza e disponibilità devono essere date per scontate come le code fra Roncobilaccio e Barberino. E’ ovvio che non mi si può fare la Santa Inquisizione e chiedermi ogni due per tre come sto, ma neanche mai curarsene. E – per inciso – questa non è una mera denuncia o lamentela… nel mio post spero emerga chiaramente la volontà di cominciare a farlo io per prima!

    @06yukiko: gemelle con la differenza che io so che amerò. Non so dove, non so quando e non so chi, ma amerò… ci puoi contare. Ma magari su questo argomento ci posso scrivere due righe così ci lanciamo nei commenti ;o) PS: si chiama “avatar” quello con Audrey!

    @Sandro: non abbiam bisogno di parole :o) KKKKKKT

  20. … questo è uno di quei post che richierebbe una risposta non proprio banale. Ma purtroppo dire ‘cose vecchie con il vestito nuovo’ non è mai facile.

    Ti conosco (?) da troppo poco tempo per cogliere certe sfumature, ma qualcosa di fuori centro lo avevo notato. La tua maniera di scrivere è cambiata. Lo avevo addotto alla ‘sindrome di Bartali’, Come i ciclisti si sentono a pezzi proprio un attimo prima di raggiungere il Mortirolo, così mi era sembrato che tu stessi accusando il colpo della partenza per le ferie.

    Forse non è così. Forse è che io sono fra quelli che cercano di stare con le orecchie sempre aperte (talmente aperte che spesso guardando da una si vede fuori dall’altra, ma questo è un altro problema) per cogliere, non l’insegna “help” al neon, ma il tremito della voce, l’ombra nello sguardo, la richiesta nascosta.

    La controindicazione di questo è che quelli come me non si muovono di loro iniziativa, e spesso sono tacciati di ‘menefreghismo’ piuttosto che di ‘bragoneria’ (mio Dio, come si dice in italiano???).

    E al mondo ci sono persone come te che preferirebbero (fino a prova contraria) essere circondate di persone dell’altra corrente, di quelli che vistosamente si preoccupano per te.

    Dura la vita per i diamanti, eh? Più sono forti e meno ci vuole a spezzarli, se li si colpisce di sghembo.

    Non ti consiglierò di tirare fuori le palle, lo sai fare benissimo, nè ti dirò, “coraggio, Daniela, ce la puoi fare” , sai benissimo che non servirebbe.

    Ma un consiglio te lo debbo dare, fanne quello che vuoi. Tu, a Vale, in un commento ad un post precedente, dicevi che nel ballo bisogna affidarsi completamente al partner. Te lo dice uno che non ha mai imparato a ballare: è difficile, ma a volte è l’unica cosa da fare. Piangi, se ci riesci (a me non riesce molto difficile, sai), fatti abbracciare, sfogati, mostrati fragile come sei (o credi di essere), non aver paura. Concludo con una frase che mi disse la mia ragazza la prima volta che ci vedemmo “Mostrati attaccabile se non vuoi essere ferita. Abbassa i tuoi scudi se non vuoi essere attaccata.” Non è necessario mostrare l’altra guancia. Basta mettere l’altro (anche la sorte o il mondo, se credi) in condizione di non aver voglia di colpire.

    Un bacio

    OT.

  21. Ciao Dany, anche se ci conosciamo da pochi mesi, volevo dirti che io sono una di quelle persone che se ti chiede “come stai?” via mail o di persona lo faccio perchè sono interessata veramente alla tua risposta e ti ascolta quando parli.

    Quando ti ho detto che mi faceva piacere per te che le cose fossero andate bene lo pensavo veramente e col cuore. Ti mando un bacio! Baby

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