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Dite a tutti che Audrey è tornata.

12 Dicembre 2006

La protagonista di questo film è stata l’icona del mio blog fino a qualche mese fa, quando il Vento del Nord ricominciò a soffiare. L’ho dovuta (voluta) mettere via per un po’ di tempo: troppi legami negativi con la sua immagine. Forse perché una domenica di cento anni or sono guardavo “Colazione da Tiffany” con la speranza di sentirmi un po’ meglio e il risultato è che mi sentivo invece l’ultima persona del mondo e quindi, da quel giorno, non associavo più il suo viso sorridente e la sua aria misteriosa mio life style, bensì ad una perdita.

 

Il mio film preferito è passato così, di casa in casa, come l’avevo lasciato quel pomeriggio: a metà, senza nemmeno riavvolgere il nastro. Poi una sera l’ho ripreso un po’ per noia, un po’ per sfida: mi è servito a vedere anche la fine del mio dolore e del legame con il passato. Riconosco che mi è stato fatto tanto male quanto ne ho procurato a mia volta… da lontano riesco a vedere aspetti che al momento non capivo… ho dovuto (voluto) seguire il vento per un po’, certa che la mia intelligenza mi avrebbe fatto capire quando tornare.

 

Fino a quando il Vento mi avrebbe riportato lì da dov’ero partita.

 

Da me.

 

Mai come prima oggi la sento vicina, quasi sorella: vivere in modo un po’ sparpagliato e confuso, la precisa disorganizzazione nel gestirsi, correre dietro al tempo e contemporaneamente farsi correre dietro con un ritmo completamente svincolato dalla normalità. Imprendibile ma che può amare incondizionatamente e profondamente, che sa dissolversi per un niente ma essere fondamentalmente una roccia granitica, che crede sempre nell’imprescindibile bisogno di libertà. Che sa di essere strana e rompiballe, ma di base ingenua. E buona. Chi l’ha apprezzata in quel film può farsi un’idea abbastanza precisa della sottoscritta.

 

Perché non è escluso che anche a casa mia si possa trovare un paio di scarpe nel frigorifero (nel forno in verità le ho già messe) e perché non altrettanto è escluso che, come nel film, ci sia un lieto fine che aspetta anche me. Da qualche parte, chissà.

 

E così, da qualche giorno, ho deciso di riproporre Audrey. Non solo perché la sua grazia innata spero traspaia anche dalle righe con cui ogni giorno vi regalo un po’ di me: riprendendo da lei ricomincio da dov’ero rimasta, con il coraggio di essere sempre me stessa, a volte anche nella mia pochezza. Ho seguito strade giuste, sbagliate, probabilmente mi aspettano ancora tanti vicoli ciechi: questo, ad oggi, non ve lo so proprio dire e tanto meno voglio saperlo in anticipo.

 

Spero solo che la nuova grafica vi piaccia.

 

LdC

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  1. Credo che il lieto fine ci sia sempre, per ognuno di noi, se lo vogliamo veramente e mettiamo in atto le azioni per crearlo.

    Bellissima la grafica.

    Buon Natale!

  2. Lei in quel film è bellissima, di classe, al punto che mi piace da matti anche se è fin troppo irrazionale e scombinata (e in genere non sopporto le tipe così scombinate e irrazionali). Pollice su per la scelta dell’avatar, quindi.

  3. scarpe nel forno?! stai messa peggio di me, mia cara, e ti assicuro che ce ne vuole! ebbrava! iena

  4. Scarpe nel forno? Nel frigo?

    Io alle volte pretendo di cambiare canale con il cellulare ma solo quando sono tutta sonnecchiosa sul divano e mi sveglio di soprassalto con la bavina..va be e’ una scena poco bucolica.

    Ben tornata..ben svegliata dal letargo..

  5. La grafica (come Audrey) è adorabile.

    Mi piace che ogni giorno tu ritrovi qualcosa di vecchio a cui ritornare.

    E meglio che trovare qualcosa di nuovo.

    Adoro i lieti fine (o lieti fini?). Insomma, il fine giustifica il mezzo. Chi è un po’ meno fine se ne sbatte di giustificare il mezzo (cit). Lo usa e basta. E concludo: visto che tutto è bene quel che finisce bene, so che tu sarai la Audrey di ‘Colazione di Tiffany.’ Io non ho idea di cosa sarò nella vita ma so che ‘adoro i piani ben riusciti’.

    Ma non era quel film…Eppure qualcosa in comune ce l’aveva…

    bah…. Debbo cambiare pusher!

    OT

  6. Ah, dimenticavo: io ho anche parcheggiato la bici dietro la macchina e poi sono partito a retromarcia (con la macchina, beninteso. Con la bici non sono capace).

    E poi, Scarlet, io uso sempre il cellulare per cambiare canale, tu no?

  7. La storia delle scarpe nel forno è da ricondursi ai primi giorni in cui abitavo nella casa nuova: non avendo ancora portato con me tutto il contenuto della scarpiera, avevo a disposizione soltanto un paio di ballerine… una sera ho preso in pieno una pozzanghera e non avevo il cambio, quindi mentre aspettavo che mi venissero a prendere ho acceso il forno e le ho lasciate lì sullo sportello, aperto, a scaldarsi/asciugarsi. Non è stato molto utile in realtà. Meno male che era luglio.

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