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Oggi si va di copiaincolla (updated).

19 Aprile 2007

Non lo condivido interamente, ma il pezzo evidenziato ha il suo perché. Grazie a Chicca per averlo segnalato sul suo blog, dal quale lo prelevo praticamente senza permesso. Per completezza aggiorno il post e la pubblico tutta, anche se è un po’ lunga (saranno giorni di post interminabili, quindi preparatevi psicologicamente e fisicamente). Click qui per la fonte ufficiale.

 

Mi piacciono le sfide. Parlare di giuramenti d’amore nel 2007 è, più che una sfida, un suicidio. Ma poiché credo che in ogni vita moriamo varie volte per rinascere più saggi, o più diffidenti, e ci reincarniamo in noi stessi con più esperienza, cercherò di scrollarmi di dosso il cinismo, la presunzione, le difese che l’età mi ha donato, e proverò a spiegare come, e perché, e quando ci giuriamo amore eterno. Per giurare bisogna credere nella stessa idea. Non si possono giurare cose diverse e considerare valido il patto. La maggior parte di noi cresce credendo nell’amore romantico, un amore totale, al quale sappiamo dare solo aggettivi positivi e che è, su questo non si discute, l’obiettivo più alto nella vita di una persona. Vale a dire che, grazie alle favole e ai film, alle riviste e alla musica, questo ideale ci resta impresso come una specie di Dna secondario memorizzato negli anni: puoi essere felice solo trovando il Vero Amore. Se sia la verità o meno non tocca a me svelarlo. Voglio solamente farvi notare che sono moltissime le aspettative che, a priori, riponiamo nell’amore. Allo stesso tempo, nella mia generazione, siamo in tanti a essere cresciuti credendo in noi stessi come individui: abbiamo imparato ad apprezzarci in base al nostro comportamento, ad amare e a proteggere noi stessi, ad essere indipendenti. E, mi sembra ovvio, esiste un evidente sfasamento tra amore romantico e individualismo auto-protettivo.

Ma prima di parlare del giuramento vero e proprio, mi chiedo: il Vero Amore che cos’è? È unico, come dicono? Qualcuno l’ha visto alla luce del giorno? Uno dei miti più inspiegabili e, forse proprio per questo, uno di quelli che godono di maggiore successo, è il mito secondo cui l’Amore – che lo si chiami Autentico, Unico, Genuino ecc. – lo si incontra una sola volta nella vita, se si è fortunati! Bene, mi duole dire che non esiste una sola prova che le cose stiano davvero così. Che non ci sono regole. Che uno può non incontrarlo mai, o trovarselo davanti cinque volte nel corso della vita. Che usiamo questa giustificazione per ingannarci, molto più di quanto vogliamo ammettere, e che parecchie volte la usiamo come scusa per non troncare una relazione che non porta da nessuna parte. Anche se ci hanno condizionato per farci credere che l’amore romantico è una specie di sacramento laico, che forgia il carattere e viene dato solo una volta, e che è necessario stare sempre allerta per riconoscerlo, possiamo tirare comunque un sospiro di sollievo: può tranquillamente capitare di riconoscerlo, di conquistarlo, di goderselo per qualche anno, e può succedere che poi finisca, e più in là si incontri un amore altrettanto grande. Gli amori sono tutti diversi e sempre grandiosi. Quello che molte volte manca è la nostra capacità di crederci. Ma questa è un’altra storia.

Fase 1. emozioni a intensità variabile

Per primo amore intendiamo il primo amore corrisposto, anche quando dura solo qualche ora o qualche giorno, cosa non tanto rara tra gli adolescenti. In quel periodo della nostra vita l’innamoramento è qualcosa tipo uno sport estremo che crediamo ci piacerà per tutta la vita, una specie di ottovolante chimico nel quale gli ormoni vanno da una parte e il cervello li segue, totalmente incapace di prendere una qualsiasi decisione autonoma. Ciò è dovuto in gran parte al fatto che non abbiamo esperienza. Triste ma vero. Non che io creda che ogni nuovo innamoramento sia per tutti gli adulti una fonte inesauribile di paure, ma la vertigine che si prova quando si ha una certa età e con certe esperienze alle spalle non è più la vertigine dell’estasi. Ci siamo capiti. Il primo amore ti fa sentire al settimo cielo e ti fa credere che non scenderai mai. Che la Terra sia scomparsa. Che la composizione chimica del tuo corpo sia cambiata per sempre. Gli occhi dell’amato hanno uno strano effetto elettrizzante. E, all’apice del parossismo, giuriamo. GIURIAMO. Perché? Dato che nessuno ci obbliga. Giuriamo amore eterno perché in quel momento sentiamo che è così, perché è l’unica certezza che crediamo di avere: nei primi anni dopo l’infanzia si attraversa un momento di tale incertezza, di tale possibile solitudine, che tutti questi fattori trasformano il fatto di incontrare un’anima ipoteticamente gemella in una fortuna inimmaginabile. Un amore adolescenziale corrisposto di solito è una specie di assicurazione di fronte alla vita, ti evita di affrontare da solo tutta una serie di nuove esperienze: scopri il sesso e pensi che non esista niente di meglio – e non esiste, ma la vita continua -, hai un alleato in qualsiasi situazione e alla fine si giura amore eterno. O si giura di non abbandonare mai l’altro. Nel 98 per cento dei casi, almeno uno dei due sta mentendo. Al restante 2 per cento appartiene la categoria dei "fidanzati da sempre", quelli che stanno "insieme da quando lei aveva quindici anni". Alcuni di loro sono molto felici, altri si aggrappano tristemente alla longevità del rapporto per tenerlo in vita, e muoiono di paura all’idea di come possa essere la vita là fuori, da soli.

Molta gente guarda con pena questi amanti dall’infanzia, per la loro mancanza di esperienza, ma a me non fanno pena, a me fanno paura! Scherzi a parte, giurare amore eterno al nostro primo amore non è un errore punibile. Lo è, invece, giurare amore eterno solo perché si ha una certa parte del corpo che va a fuoco.

Fase 2. gli amici del sondaggio

Compleanno dopo compleanno uno impara. Impara di aver giurato amore eterno e che quel giuramento è stato rotto. E che ogni volta giurare ha sempre meno senso. È infantile. Con gli anni si impara a proteggersi. Ovviamente ci sono sempre i kamikaze emotivi, e magari voi che leggete siete fra loro. Ma la maggior parte dei mortali, con il passare del tempo, mette in un posto sicuro il suo cuore. E lo mostra a qualcuno solo quando è proprio convintissimo che l’altra persona non nasconda un coltello di ossidiana azteco, pronta per eviscerarlo e offrirlo in sacrificio agli dèi della notte, tanto per fare un esempio pagano e non offendere la sensibilità religiosa di nessuno.

Parlare d’amore ci fa paura, più ne sappiamo più ci imbarazza. Pensiamo che l’amore ci renda vulnerabili. Anche se questa è la verità, credo che l’amore ti renda molto vulnerabile di fronte a una persona ma molto più forte di fronte alla vita. Ho fatto un sondaggio. Ho chiesto a quaranta amici, tra i 25 e i 55 anni, cosa gli suggerisce l’espressione "giuramento d’amore". La maggior parte è inorridita. Dubito che i miei amici abbiano un indice di fallimenti amorosi più alto della media della popolazione, e quindi considererò affidabile il campione. La maggior parte di quelli a cui l’espressione dà i brividi ha usato almeno un aggettivo per screditarla. È noto che al giorno d’oggi gli aggettivi sono merce rara, e quindi se ne spendi uno significa che l’argomento non ti lascia del tutto indifferente. Di solito, più si è amato qualcuno – e più questo qualcuno ci ha fatto soffrire – maggiore sarà poi l’odio che proveremo. Farò un esempio calcistico: il calciatore Luís Figo che se ne va dal Barcellona e firma con il Real Madrid. A memoria d’uomo non si ricorda a Barcellona maggiore desolazione, maggiore collera, fischi più assordanti ogni volta che il giocatore tornava in campo, un odio più feroce, figlio dell’amore ferito, che ti davano l’esatta misura di quanto i tifosi del Barcellona avevano amato Figo. Uno non si ribella contro qualcuno che gli è stato indifferente. Pertanto deduco che i più grandi detrattori del giuramento d’amore giurarono a loro volta. Nulla di grave: tutti, o quasi tutti, l’abbiamo fatto. Una parte non disdegnabile del mio campione se la sfanga ricorrendo ai classici della letteratura e del cinema, con ampia vittoria di Romeo e Giulietta. I più originali scrivono un testo in cui raccontano qualcosa di simpatico della loro vita. I più coraggiosi o dicono che gli hanno spezzato il cuore una sola volta e poi mai più, o che si sentono in imbarazzo ma che gli piacerebbe poter continuare a giurare amore eterno. Qualcuno, una minoranza, crede che i giuramenti d’amore siano la cosa migliore che possa capitare a una persona. Io ammetto di non pensarla così, anche se nessuno sa quanto mi piacerebbe poterlo fare… Quasi tutti menzionano l’adolescenza, i primi amori, quell’epoca della vita in cui non ti serve metterti il cerotto prima di farti il graffio, perché pensi che nessuno ti farà del male.

 

Fase 3. Che possa morire adesso

 

Forse è anacronistico, il giuramento d’amore, e non dovrebbe più esistere. Forse non ha nessun senso, ma continua ad esserci gente che lo fa. Probabilmente ha perso significato, è una convenzione. La mia conclusione è che gli unici giuramenti d’amore validi sono quelli che non vengono mai pronunciati. Quelli che non riusciamo a trasformare in parole, quelli che custodiamo in fondo alla nostra anima, quelli che accarezziamo così teneramente dentro di noi che ci terrorizza l’idea di poterli rovinare. I giuramenti senza parole sono cose per gente che quasi non esiste più, come i personaggi di John Ford, come Gregory Peck, come i nostri nonni e bisnonni: gente seria, che non aveva bisogno di giurare, né tanto meno di dire cose che si davano per assodate perché erano state già dette una volta, perché era inconcepibile tradire la parola data. Mi piacerebbe essere fatta così, una persona tanto sicura, tutta d’un pezzo, che se le chiedessero: "Mi ami?", potrebbe rispondere: "Ma che domanda è questa? Se te l’ho detto sei mesi fa!". Ma non siamo così, ormai quasi nessuno è così, per fortuna o purtroppo. La nostra educazione, fortunatamente secondo me, ci impedisce di rassegnarci. Di sopportare, come facevano i nostri antenati. Quanto poco sanno sopportare i giovani e quanta paura ci fa il fatto che la sopportazione fosse considerata una virtù. E lo erano, perché ti consentivano di andare avanti in un’epoca in cui separarsi era impossibile per il 99 per cento delle donne. Viviamo una vita nella quale la novità è molto sopravvalutata. In cui il cappotto che vediamo in vetrina ci sembra sempre migliore del nostro. In cui l’insoddisfazione ci aggredisce attraverso le cose più banali. In cui, se non stiamo attenti, finiamo per vederci come l’ottava meraviglia del mondo, perché bisogna tenere alta l’autostima: peggio ancora, perché poi cediamo molto velocemente allo sconforto e alla frustrazione. Allora, considerato quanto siamo individualisti e quanta voglia abbiamo di amare ed essere amati, come raccapezzarci? Dobbiamo giurare o non giurare? La risposta non ce l’ho. Ma qualcosa mi dice che l’importante è avere il coraggio di amare nonostante tutto quello che può succedere: essere generosi con i sentimenti e arrischiarci a vivere prima di entrare in letargo, o prima di barricarci nella nostra tana. E quando penso all’amore, ai giuramenti, a come l’amore stesso rinasca sempre più nuovo, più forte, più luminoso, mi tornano alla mente le parole di Paul Géraldy, e mi riconosco: "Seduciamo usando le menzogne, e pretendiamo che ci amino per quello che siamo". 

 

Imma Turbau

 

LdC

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  1. Infatti… non fa proprio una piega.

    Che cosa non condividi in pieno?

    Come vedi cuginetta… il copia ed incolla a volte non basta :-))

    Baci…

    Paola

  2. Cugi.

    E’ questa frase che maggiormente non condivido: seduciamo usando le menzogne, e pretendiamo che ci amino per quello che siamo. Io sono per il What You See Is What You Get e difatti ho in serbo un paio di post sull’argomento, visto che mi sono stancata di offendere la mia intelligenza dichiarando cose che non stanno nè in cielo nè in terra al puro fine di piacere alle persone. Poi non condivido molto anche questa: gli unici giuramenti d’amore validi sono quelli che non vengono mai pronunciati che ci sta come idea, ma a me piace anche sentirmelo dire (e poi mi sembra di rendere la vita troppo facile a chi non lo dice per tornaconto personale – tipo perchè non lo pensa).

  3. Condivido in senso generale tuttavia non credo che la richiesta “mi ami?” ripetuta nel tempo sia solo da intendersi solo come insicurezza o ricerca di conferma, così come credo che si dovrebbe dire onestamente “ti amo” a chi si ama e dirglielo spesso.

    Ogni giorno è un giorno diverso e trovo corretto dire, a chi si sta accanto, “oggi ti amo” oppure “oggi ti amo meno di ieri” o anche “oggi non ti amo proprio ma so che ieri ti amavo e so che ti amerò domani, in modo sempre nuovo e diverso, pertanto oggi lasciami stare e amami tu, se puoi perdonandomi di essere umano”.

  4. Bhe essendo una persona che non si sopravvaluta minimamente , anzi, direi che non condivido molto dello scritto. Anche perchè io pretendo sempre da subito che mi si ami per quello che sono…sarà per quello che non seduco neanche i pali del telefono?

  5. @Hidra, non ho mai letto nulla di questa Imma Turbau ma vado sulla fiducia e metto nella wish list dei libri (sul comodino ormai non c’è più spazio). È un po’ che non passavi di qui, tutto bene cara? :o)

    @Miele, siamo in due. Ma dicono che i pali della luce siano di gusti molto particolari, quindi forse non fanno testo.

    @Vale, a cosa ti riferisci?

  6. Amare veramente qualcuno è come (oggi mi concedo una bieca metafora pokeristica, visto che ho fatto nottata giocando a poker) aprire al buio e rilanciare senza limite, sempre su quella stessa persona. Se uno/una non ha voglia/disponibilità a farlo, allora conviene scopare in giro senza farsi pippe mentali.

  7. Davide, permetti la citazione: a me quando sarà il momento – finalmente ci sono arrivata! – me lo diranno i diabolici ;o)

    Dopo, quella sera lì, ero lì che facevo questi pensieri confortanti, mi chiama la Piera mi dice, la Piera, Scolta, io penso sempre alle tue poesie, te cosa dici? io gli dico Piera, scoltami un attimo, io ciò un miliardo di cose a mano, gli dico. Cos’hai a mano? mi chiede la Piera. Ma, gli dico, ho la febbre, ho la casa in disordine, gli dico, e intanto penso Povera Piera, me lo devono dire i diabolici, adesso, quando e con chi, e anche se dal petto mi sgorga una canzone bellissima che mi piacerebbe cantartela ancora una volta, non posso, che tormento.

    (Paolo Nori – Diavoli)

  8. Un’altra perla, dai, he ho il libro qui di fianco assieme a Bassotuba non c’è (oggi li riporto in biblioteca).

    Ma tu, mi dice Kalinka, non ti ricordavi di avermi mandato il romanzo? Eh no, le dico. Non mi ricordavo proprio, di avertelo mandato. Sai, le dico, quello era un periodo che la letteratura era talmente importante, nella mia vita, ci tenevo talmente tanto, che la gente mi dicesse qualcosa sui miei romanzi, sulle cose che scrivevo, li mandavo a cani e porci, i miei dattiloscritti, dopo poi mi scordavo, magari. A cani e porci, mi dice Kalinka. A tutti, le dico, li ho mandati a certa gente, le dico, non ne hai idea.

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