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E 'a luna rossa me parla 'e te.

23 Aprile 2007

In realtà per me Luna Rossa significa una cosa sola: America’s Cup. Vi ricordate l’ormai lontano 2000 quando le nostre notti venivano turbate da sogni marcati Prada, quando la simpatica e particolarmente accentata cronaca di Cino Ricci teneva tutti con il fiato sospeso e molte persone, che magari non avevano mai visto neanche un pedalò dal vivo, diventarono magicamente skipper, timonieri, esperti navigatori e consumati prodieri? Ecco, assieme a tutti questi improvvisati Paul Cayard venne contagiata anche la sottoscritta, che si appassionò così a questo famoso trofeo di vela.

 

Ma prima un po’ di storia. L’America’s Cup (Coppa America) è il più famoso trofeo nello sport della vela, nonché il più antico trofeo sportivo del mondo per cui si compete tuttora. La coppa, una brocca d’argento, viene assegnata al vincitore di un incontro al meglio di nove regate, tra due yacht di due nazioni differenti, uno rappresenta lo yacht club che detiene la coppa, e l’altro uno yacht club che sfida i detentori del trofeo. Ovviamente tutta questa conoscenza viene dall’ottima Wikipedia, che io mi son guardata regate su regate ma conosco a malapena il significato di andare di bolina, sia chiaro.

 

All’epoca ero – strano a dirsi – in quella fase in cui nessuno mi vuole nessuno mi ama il mio fidanzato mi ha mollato subito dopo le feste però il videoregistratore che gli ho regalato a Natale se l’è tenuto e trascorrevo quindi le mie giornate con la sola compagnia di un cellulare che non suonava, della scatola dei Kleenex e del diario, che riempivo di considerevoli concetti tipo “non voltarti perché non ci sarò se un giorno tornerai” – che non mi ricordo se la cantava Grignani o Nek ma è giusto per rendere chiara la situazione, abbastanza patetica, lo ammetto. Sta di fatto che un giorno, com’è come non è, per lavoro conosco un tale Massimo che comincia a farmi il filo. Per essere carino era carino, moro occhi verdi, aveva circa una decina d’anni più di me e quando voleva farmi un complimento mi scriveva sorbole che niocca che sei! Non uno di quei corteggiatori pressanti anzi, forse inconsapevole precursore della miei serie di take-it-easy si faceva vivo a corrente decisamente alternata. Allora non avrei mai ammesso, nemmeno sotto tortura, che i miei tempi di ripresa fra una storia e l’altra sono indecorosamente brevi e quindi, data la mia recente vedovanza, questa frequentazione ci-vediamo-se-e-quando-capita era ideale anche per me: mi piaceva soprattutto piacergli, come dire che alla faccia del mio ex c’era vita sul pianeta, in fin dei conti di lui mi interessava il giusto. Come a lui di me, dopotutto. Diciamo che si faceva più che altro numero.

 

Lui era appassionato di questo sport e finì quindi che ci frequentavamo solo per guardare assieme Luna Rossa, di notte, alla birreria Amadeus di via Murri. Costantemente ciucchi persi e con il colesterolo a mille per tutte le noccioline che mangiavamo, non ci siamo mai particolarmente immersi nella competizione, diciamo che seguivamo il trend dei vari oooohhhh, noooooo, vaaaaaai! che si alzavano a seconda se a Auckland il nostro team passava davanti alla maledetta Black Magic o viceversa. Normalmente si tornava a casa a orari improponibili e il giorno dopo lo si trascorreva a commentare le performances dei ragazzi di De Angelis, sia con lui sia con i colleghi (a loro volta contagiati dal mio entusiasmo). Così fino alla fatidica notte in cui prendemmo definitivamente cappotto (per la cronaca la 30^ America’s Cup si concluse 5-0 per la Nuova Zelanda), la magia si interruppe e ce ne tornammo a casa con le cosiddette pive nel sacco. Come se fosse la conclusione fisiologica di tutta la storia, io e Massimo da allora non ci siamo più visti, nemmeno più cercati e, se devo essere sincera, alla successiva occasione non mi sono divertita così tanto come nel 2000, quando c’era lui. Sarà stata l’atmosfera, meno fatata, sarà che ci si credeva già meno dall’inizio, con la presenza di Mascalzone Latino che ha un po’ diviso la tifoseria… e poi diciamocelo: una Coppa America vinta dagli svizzeri, che il mare lo vedono solo in cartolina, secondo me è così triste.

 

Insipida è forse l’aggettivo più corretto. Ed è per questo che mi è scivolata di dosso praticamente inosservata.

 

Ora, invece, se tanto mi dà tanto… e se il buongiorno si vede dal mattino… e se le regate disputate finora altro non fossero la cartina tornasole di un nuovo inizio… qualcosa mi dice che stavolta ci sarà da divertirsi.

 

Stay tuned.

 

LdC

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  1. Io non ci capivo allora ne adesso niente di questo sport. La sola differenza tra ieri e oggi era che allora ogni scusa era buona per un aggancio con Pep e siccome lui la guardava io per la proprieta’ transitiva ne diventavo un’appassionata…che tempi!

  2. Ahahahahaha pensa mentre a te ti scivolava addosso io godevo da paura. Noi il mare lo vediamo in cartolina cosi’ come noi le vostre barche non le abbiamo neppure viste.

  3. @Liz, anche io soffro tantissimo di mal di mare e tra l’altro non so neanche nuotare. Non riesco a spiegarmi la passione per la vela, ma ci sono tante passioni che non riesco a spiegarmi…

    @Chicca, quanti interessi ci siamo fatti piacere per solidarietà nei confronti di qualcuno che altro non avrebbe meritato che un nostro dito in un occhio? Fin troppi, ammettiamolo. Ho in serbo una serie di post sull’argomento, ne quittez pas ;o)

    @Anonimo, e poi dicono che la Svizzera è neutrale…

  4. Curioso. All’epoca della prima American’s Cup pure io ero in quelle non invidiabili condizioni di mollato-cornuto-mazziato.

    Ciò nonostante mi stupivo di come a nessuno era mai fregato niente della vela e improvvisamente ci si ritrovava a ululare dinnanzi alla TV ad orari da discotecari (anche in discoteca, appunto)

    Saluti

  5. P.S.

    L’Amadeus è ancora quel posto caratteristico che era?

    (a me piaceva da morire)

    P.P.S.

    Caspita! Mi chiamo Massimo anche io, per un’attimo ho creduto parlassi di me!

  6. Carràmba, magari sei tu sul serio. Il problema è che di questo Massimo mi ricordo poco e niente. Neanche il cognome, per dire. Da Amadeus è un po’ che non ci vado, tipo un paio d’anni, ma a rigor di logica direi che è rimasto immutato.

  7. @Aluc, sei in tempo per vederti praticamente tutta la Louis Vuitton Cup e, di seguito, l’America’s Cup… a Valencia hanno cominciato da pochissimi giorni (prima c’era bonaccia e quindi nisba regate).

    @Anonimo, te la canti e te la suoni da solo: io ho già smesso di polemizzare.

    @Paul, non posso che concordare con te.

    @Vale, da una donna di mare come te non me l’aspettavo! Di corsa di fianco ad Aluc a guardare le regate, op op un due tre un due tre ;o)

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