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Deliri da coda.

25 Giugno 2007

Secondo loro la linea bianca sul grigio dell’asfalto è interminabile e che sembra di vederla scorrere negli occhi da un’eternità. Io non è che sia qua per dissentire, che più o meno provo la stessa sensazione, ma il cartello che ho davanti e che mi dice Castel San Pietro Terme 15 km mi sta oggettivamente indicando che in realtà l’autostrada l’ho presa neanche duecento metri fa. Il problema è che sono ferma ormai da venti minuti, e non si va avanti e tantomeno si torna indietro. E sono qui che penso che sono proprio scema: se una si volesse dare alle pratiche masochistiche, dico, se proprio a una piacesse tanto farsi del male, potrebbe farsi mettere le manette, colare la cera addosso, farsi camminare sopra con le scarpe da calcetto meglio se infangate, ascoltare un intero cd di Gigi D’Alessio in coppia con la Tatangelo, guardare una puntata di Porta a Porta con Vespa che intervista la Brambilla, invitare la Trifola per il the delle cinque pregandola di raccontare l’interessante storia della sua vita, insomma, se una mirasse a procurarsi deliberatamente del dolore fisico e psicologico non dovrebbe secondo me prendersi la briga di svegliarsi all’alba, depilarsi, fare la borsa del mare, prendere l’auto, fare il pieno e incolonnarsi sull’A14. Ci sarebbero fior fiore di pratiche affini che costerebbero un minor dispendio di energia e di denaro.

 

E invece no. Sono qui ferma sull’A14 e il cartello continua a dirmi che mancano quindici fottutissimi kilometri a Castel San Pietro Terme, che non è niente, che è la distanza che si macina il mio capo per venire in ufficio ogni mattina, che significa che a nemmeno cinquecento metri in linea d’aria c’è Ruggero che gioca a tennis e invece io, qui, a contarmi le doppie punte insieme ad altre centinaia, migliaia di – diciamocelo francamente – coglioni come me in attesa di una parola di conforto da Isoradio, come pecorelle smarrite in attesa di un sostegno divino.

 

No, non vedrò Lido di Savio, non riuscirò ad arrivare in tempo per pranzo e si mangeranno anche i miei spaghetti allo scoglio, ecco ora chiamo la Francesca e le dico bella io torno indietro, che l’anno prossimo il compleanno o lo fai a Rastignano dove abiti oppure non contarmi. No, non si muoverà più questo enorme serpente di scatoline piene di gente sudata, di gente aircondizionata, di gente abbronzata e di gente sbiadita, di adolescenti che fanno ciao e neonati che piangono e babbi che si spazientiscono e bimbi che crescono e mamme che imbiancano. No, non uscirò più da questo muro di lamiere fianco a fianco l’una con l’altra, che se scendessimo per protesta tutti insieme e abbandonassimo i nostri veicoli al loro destino e ce ne andassimo correndo per i campi, che sono anche tutti pieni di girasoli, chissà che faccia che farebbero quelli dell’Autostrada, quei simpatici burloni che nei cartelli ti scrivono code a tratti fra San Lazzaro e Imola e poi, a Imola, ti scrivono code a tratti fra Imola e Cesena e poi meno male che io esco a Ravenna, perché temo che questa solfa duri più o meno fino a Taranto. Ma loro non ti scriveranno mai code fino a Taranto, lasciate ogni speranza o voi ch’entrate perché voi ch’entrate pagate e i loro figli all’università in qualche modo ce li devono pur mandare. No, non c’è speranza per me, ecco sento che sto cominciando a delirare, prenderò un pallone da spiaggia e gli disegnerò un sorriso e ne farò un compagno di vita che chiamerò Wilson come Tom Hanks in Cast Away, mi cresceranno i peli delle gambe a dismisura, dovrò nutrirmi con quello che il mio vano porta oggetti mi offre (per la cronaca un sacchettino di caramelle viola del 2001 regalatemi dal Cecco), dissetarmi con l’acqua dei tergicristalli e quando giungerà l’inverno mi farò una coperta strappando la tappezzeria dei sedili posteriori. Le gomme pian piano si sgonfieranno e la mia auto diventerà un tutt’uno con asfalto e guard rail. I miei amici all’inizio si chiederanno dove mi sono cacciata, ma le batterie dei miei cellulari presto si scaricheranno e loro non mi troveranno, così dopo un po’ di tempo smetteranno di chiederselo, idem i miei colleghi, assumeranno una nuova commerciale al posto mio, Lorenzo si rifarà una vita con un’altra, i miei genitori venderanno la mia casa.

 

Non c’è più speranza per me. Giuro, giuro, giuro che questa è l’ultima volta che prendo l’autostrada per andare al mare, giuro che se ne esco viva prenderò sempre il treno, è lo stesso se ferma a Rimini e a me Rimini non piace, giuro che se mi tolgo da questo pantano userò sempre i mezzi pubblici, pagherò sempre il biglietto, dirò le preghiere la sera e mi passerò il filo interdentale un giorno sì e un altro pure. Giuro che tratterò meglio mio fratello, giuro che sarò brava, buona, non disubbidirò mai più ma fatemi uscire da questo girone infernale dei drogati di happy hour, costretti per l’eternità a fare la coda in autostrada.

 

Ecco, comincio a vedere gli stop delle macchine davanti che si spengono, l’onda rossa si sta placando, è un rumore di motori che si accendono, è un’ouverture di prime inserite quella che sento: grat, grat, grat. La gente si rianima, torna alla propria auto, i bambini smettono di giocare a pallone in corsia d’emergenza. Finestrini che si alzano, cerchioni che girano, forse ci muoviamo, forse le mie preghiere sono state accolte – cazzarola, ora mi tocca il filo interdentale sul serio – forse riuscirò a mangiare gli spaghetti allo scoglio, forse non dovrò ricominciare una nuova vita qui, al kilometro uno dell’autostrada A14. Forse i miei amici non si dimenticheranno di me, forse non assumeranno una nuova commerciale, forse Lorenzo non si rifarà una vita con un’altra, forse i miei genitori non venderanno la mia casa.

 

O forse sì.

 

Castel San Pietro Terme 14 km.

 

E così via, ad libitum.

 

LdC

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  1. Perchè mezza Bologna si fa cento chilomteri di autostrada sotto il sole, vaga un’ora a caccia di un parcheggio, lascia la macchina a chilometri di distanza per la disperazione, scarpina sull’asfalto rovente, affronta con stoica pazienza la ressa del bar solo per bere due birre al prezzo di una e ballare della dance mediamente schifosa?

    Perchè?

    E soprattutto, perchè lo faccio io?

    Che c@zzo ne so, amici? è questo il bello della vita.

    (G. Morozzi, Dieci cose che ho fatto ma che non posso credere di aver fatto, però le ho fatte)

    Ste :-)

  2. Prima di prendere la tange faccio sempre un giro avanti e indietro sul mio fido cavalcavia delle roveri per capire la situazione. Due settimane fa c’erano sia la tange che l’autostrada murate, senza pensarci 2 volte mi son diretto verso la san vitale, a bagnacavallo ripreso la tange di ravenna e viaaaaaa, ci ho messo solo 15 minuti in piu’, era scorrevolissima nonostante fosse sabato pomeriggio. Occhio agli autovelox pero’ (i love tomtom :-$). Da luglio pero’ solo ed esclusivamente scooter, la bici non fa decisamente per me!!! e’ pericolosissimo tornare a casa pedalando a zig zag a mezzanotte dopo una pesissima e alcolicissima grigliata in spiaggia.

    Ciao ciao

    PaLe

  3. PaLe, se da domenica prossima vedi una pazza che scruta il cavalcavia delle Roveri bè, salutala, che sono senz’altro io ;o)

    Ste, e invece io, qui, a contarmi le doppie punte insieme ad altre centinaia, migliaia di – diciamocelo francamente – coglioni come me (Daniela Bortolotti, post di ieri)

  4. Sabato mattina? Io ho fatto gli stradelli guelfi ma non mi è andata meglio… subito dopo Castelguelfo erano interrotti e mi hanno sbattuto sulla sanvitale…

    sono partito alle 9 da via mazzini e sono arrivato alle 11,30 a lido di classe

  5. Mi si è cancellato metà commento :-/

    Doveva essere così:

    E pensa: domenica lo farai ancora.

    E anche domenica prossima.

    E anche quella quella dopo… ad libitum

    :-)))

    Ste

  6. Io se lo faccio lo faccio in treno + autobus ….ma anche li’ devo avere un ottima motivazione.

  7. scusate… ma la risposta è semplice: cosa fareste a bologna? e poi volete mettere il piacere di rimanere in spiaggia fino a mezzanotte a bere e ballare? secondo me ne vale troppo la pena…

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