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Il titolo ancora non ce l’ho perché forse per queste cose un titolo non c’è.

27 Settembre 2007

Che sto correndo più del normale dietro al tempo è un po’ che me ne sono resa conto, ma non avevo realizzato fino a che punto prima di oggi, che nel giro di un minuto ho perso non solo la cognizione della settimana, problema che riscontro spesso, ultimamente, bensì addirittura del mese. Me ne sono resa conto quando ho pensato domani è il compleanno della Danila devo farle gli auguri, credendo di essere già ad ottobre, che sono talmente proiettata avanti che per me è già la fine di ottobre perché i miei impegni sono già talmente programmati che io con la testa son già là. Allora, mi son detta, non è ottobre, io ho soltanto molte cose da fare a ottobre, ma non è ancora ottobre. È settembre, e la cena a cui speravo pensavo di aver già tirato il pacco, quella per il compleanno della Robby, deve ancora succedere. Il pacco, insomma, devo ancora tirarlo. Ah, ecco. Devo segnarmi anche questa: regalo Robby.

 

Ho una lista di cose da fare che non ho ancora capito bene in base a quale legge della fisica succede, ma questa lista, più depenno delle voci più si allunga. Io non lo so mica perché succede.

 

C’è che io, non so voi, ma io mi accorgo di rincorrere le ore perché sono male organizzata. Innanzitutto il lavoro sono ormai mesi che mi tedia e basta, che ad ogni telefonata, ad ogni trattativa, si fa largo in me l’idea che fondamentalmente sto solo vendendo oggetti senza i quali il mondo ha campato per secoli e secoli e adesso invece se uno non ha quattro Gb di ram non sta bene. Quattro Gb di ram, che peso possono avere nella vita di una persona? Non è un rene, non è fondamentale, non decreta la vita e la morte di nessuno e anche se l’ho sempre pensato l’ho comunque sempre tollerato, invece adesso niente, io questi segaioli clienti il napalm e via, rasi al suolo. Io, oggi, son rimasta senza collegamento ad Internet un’ora, che il gestore ha avuto un momento di debolezza, un’ora, mica tanto, ma un’ora che mi sembrava di essere in vacanza. Tutti i colleghi come farò, devo spedire questa mail urgente, e io felice con un sorriso da orecchio a orecchio che compilavo moduli a mano. Vabè insomma dicevo appunto che c’è il lavoro che mi zavorra, come se quando entro in ufficio il mio spirito si afflosciasse un po’. Quindi, non provando particolare trasporto per la mia attività e tanto meno verso le eventuali ipotetiche remote soddisfazioni che ne possono provenire, il risultato è che ci metto quattro volte tanto a fare una cosa, anche quando l’ho sempre fatta.

 

Mi distraggo. E la distrazione consiste nel pensare a quanto mi senta frustrata dal fare un lavoro che mi fa perdere tempo e invece avrei tanto altro da fare di meglio. Così perdo tempo e per fare di meglio non mi resta un minuto. Circolo vizioso. Che, in realtà, ho calcolato che uscendo alle sei tutte le sere, in realtà tolto il traffico, il tempo per cucinare, per mangiare, la doccia, sistemare, alla fine un paio d’ore le ho, ma son quelle due ore che – improrogabili impegni mondani permettendo, ovviamente – poi alla fine le utilizzo come una sorta di valore aggiunto per la casa: smistare la posta, mettere le bollette in ordine di scadenza, archiviare, fare la lavatrice, censire il numero di alimenti ancora disponibili nel frigo e debellare le eventuali forme di vita che vi sono cresciute attorno. Insomma, non è un gran talento, tutta questa cosa qua, roba che sono costretta a prendere appunti per i post fra un semaforo e l’altro e per la legge di Murphy, proprio come sta accadendo per questo post qui, se esco la Moleskine, potete star certi che trovo tutti i semafori verdi. Mi salva solo quello di via Stalingrado, con il suo senso di eternità, che praticamente i miei post li scrivo tutti incolonnata lì.

 

E i post, scritti ai semafori, bè, se ne son scritti di migliori secondo me.

 

Comunque penso, credo, spero, di essermi data una regola, che alla fine procedere scientificamente, trovare una soluzione pratica, imporsi una specie di disciplina, è poi meglio che star lì a domandarsi perché non riesco a fare tutto, che c’è gente che ha ben più da fare e resta in pari? attorcigliandosi i capelli intorno alla matita, facendo finta di lavorare. Insomma, triangolandomi con il fidanzato e il palinsesto televisivo (in rigoroso ordine di priorità) ho decretato una sera – lunedì o martedì, che mercoledì ci sono i dottori, giovedì Distretto di Polizia, venerdì sabato e domenica magari vien da uscire – dicevo una sera in cui trascurerò tutto ciò che mi accadrà intorno: mangiare, bere, lavatrici, funzioni vitali, cataclismi e altrui problemi nell’accezione più totale del termine, spegnerò i telefoni e, in nome dell’attività che più amo ma soprattutto del mio equilibrio mentale, lascerò stare tutto e mi dedicherò a scrivere.

 

Ne scriverò, di questo fatto che scriverò.

 

LdC

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  1. Mi spiace, ma stavolta sono certa che la regola non preveda eccezioni se non per gli schizofrenici… ;) Fare tante cose non vuol dire vivere tante vite! E’ più probabile che tu sia ingorda ed irrequieta come la sottoscritta. :)

  2. Irrequieta ;) gli inquieti, a mio parere si crogiolano nel dubbio; gli irrequieti si tuffano nella vita e nelle emozioni senza remore. Ma magari è solo una sfumatura di significato che dò solo io a questi aggettivi. :)

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