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Renzo Rosso, who are you?

23 Novembre 2007

Siccome nel vostro immaginario – l’ho capito eh? – ormai mi sono trasformata in una casalinga pigra, pigiamata, bigodinata, con la crema antirughe spalmata in faccia e con la massima aspirazione di trovare un anticalcare che non rovini lo smalto del wc, ieri, alla faccia vostra, ho voluto provare di nuovo l’ebbrezza della vita mondana e, gasatissima per l’idea lanciata sul blog delle DF, ho sguinzagliato la Redattrice per procurarsi (e procurarmi) gli inviti per questa esclusivissima festa. Lei, sempre ottima e sul pezzo ma soprattutto figlia come me degli anni 80 e pertanto curiosa di vedere Boy George dal vivo, dichiarando l’impossibile e telefonando a destra e a manca, è riuscita nella missione e così ieri sera per noi si sono schiuse le porte della Bològgnabbène, quella che conta. Quella che, come dice lei, è fatta di tutte le Pimpi, le Fuffi, le Cicci nostre concittadine.

 

Innanzitutto confesso che quando scherzo dicendo non ho più il fisico non contemplo che in questa frase sono racchiusi più significati: senz’altro non ho più il fisico per reggere una serata su un tacco dieci, non ho più il fisico per fare tardi e svegliarmi presto, non ho più il fisico per uscire di casa alle undici. Ma soprattutto non ho più il fisico, nel senso della taglia, per entrare nei miei un tempo tanto amati vestiti da party-girl-ye-ye. Ho quindi optato per un sano paio di pantaloni neri, maglietta degli Who e giacca nera in eco-cavallino. Ciliegina sulla torta: cintura di catene. Che ad un party dove il dress code è technicolor, capirete, supponevo di non starci a dire molto, se non per il logo tricolore della maglietta, per la quale – ci tengo a dirlo perché significa che c’è ancora vita intelligente sul pianeta – ho ricevuto un sacco di complimenti.

 

Alla fine poi ognuno s’era vestito come gli pareva e quindi anche io ho fatto la mia porca.

 

Entriamo e subito la dodicenne che è in noi chiede al buttafuori non è che possiamo tenere l’invito, incalzato da un così poi lo attacco sul diario: il buttafuori ci guarda con occhio patetico e ci fa passare. Guardaroba, giro di ricognizione. Ingresso area vip, la sottoscritta scuote la bionda chioma, si stampa un sorriso a trentadue denti, va dal secondo buttafuori che la guarderà con occhio patetico nel giro di cinque minuti e chiede ma come si fa per entrare qui? Lui risponde lo decide Renzo. E io – da aggiungere all’elenco delle figure di merda storiche, dopo Paolo Nori e Carlo Lucarelli – Renzo chi?

 

Poi abbiamo scoperto che l’area vip altro non era che un labile recinto con due divanetti in croce, visibilissimo dall’esterno, con nessun benefit se non quello di dividere la seduta con Cesare Cremonini e Ballo dei Lunapop, dialogare con Cristiana Capotondi e la sua condivisibile espressione smaronata e al massimo del godimento farsi pestare un piede da Red Ronnie (onnipresente con la sua telecamera, peggio di un giapponese a Roma). Molto meno discutibili una Roberta Capua incintissima seduta placidamente su un gradino e il Patron Sabatini a spasso, comune mortale fra noi comuni mortali.

 

Nel frattempo arriva mezzanotte, Lorenzo che a casa in pigiama aspetta di rivestirsi per venirmi a prendere e niente Boy George all’orizzonte. Sorseggiamo cocacole dalla cannuccia con sguardo a metà fra il bovino e il curioso, additate dai baristi che visto il target di Pimpi, Fuffi e Cicci si aspettavano probabilmente richieste tipo Accord au Sommet, Red Velvet, Fifth Avenue, Cosmopolitan e così via, dopodichè ci mettiamo a ballare sotto la console in attesa del nostro beneamato. Che arriva una mezz’ora dopo, decisamente invecchiato, un po’ bolso, rigorosamente in technicolor, bianco come una federa ma pittato come una sciantosa, con un cappello di velluto rosso-bordeau vezzosamente indossato sulle ventitre. Foto, filmini, Red Ronnie in mezzo alle palle, paglino, birrino in mano comincia a vocalizzare nel microfono parole incomprensibili uaz-uaz-fu-fu-aiò-aiò-fri-fri a ritmo dell’unz-unz di sottofondo. Io e la mia maglietta degli Who decidiamo che è ora di andare a casa. Anche i piedi sono d’accordo, in bilico su quei tacchi ormai da troppo tempo.

 

Telefonata a Lorenzo, che in cinque minuti si materializza di fronte all’ingresso della festa, recuperato il cappotto al guardaroba non senza pochi sforzi, raccattato due intonsi inviti da terra (così li possiamo attaccare sul diario) e rientrata in casa con le scarpe in mano.

 

Un piacevole remember della mia LdC Bellavita. Ma stasera pizza e cinema, per pietà.

 

LdC

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  1. Claudia, è una storia lunga che parla di un pomeriggio, di Lucarelli e di me che gli dico “lei è meraviglioso”, che poi meraviglioso… a passarci insieme – anni dopo – una giornata sono idee che fanno in fretta ad assottigliarsi.

    Vuminch, gentilissimo.

    Smel, ti presto la maglietta degli Who? ;o)

    Liz, alla presenza dell’ombretto di BoyGeorge perfino il logo blu-bianco-rosso si è andato a nascondere. Troppo technicolor per i miei gusti.

  2. Anch’io ho raccontato!

    E abbiamo detto le stesse cose senza esserci messe d’accordo…

    Solo che mi mancava il sublime pezzo RENZO CHI?

    Aeiouy

  3. gentilissimo? hai scritto un gran bel post. Spettacolare, mi accodo alla DF in Chief, Renzo chi?…..

    azz,se sapevo che mettevi la maglietta Who avrei sfoggiato la mia “Ze Bitels” (scritta proprio così)

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