Perché, diciamocelo, dopo neanche due anni sentivo il bisogno di fare un nuovo trasloco, oh sì.
Così, alla fine, dopo mesi di tentennamenti ed esitazioni, dopo crolli di muri e pareti da intonacare, dopo arrivi di armadi, montaggi, smontaggi, ho tagliato il cordone ombelicale con il mio appartamento e, con il supporto delle mie immancabili borse dell’Ikea, ho cominciato a traslocare definitivamente nella casa nuova. Trasferimento che, una volta cominciato, si è risolto nel giro di un paio di giorni, ché come al solito, penso di avere accumulato l’impossibile e invece noto che i miei beni numericamente significativi si riducono a vestiti, scarpe, libri e mucche. Tutto il resto, vhs, dvd, cd, pentole, suppellettili da bagno e cucina, al confronto è poca cosa.
Il motivo è più che nobile, ovviamente, anzi. È il motivo più nobile di tutti ed era anche la soluzione fisiologicamente migliore, visto che vivere in due in trentacinque metri quadri è senz’altro più scomodo che in settanta e passa. Certo è che il mio micro bilocale mi mancherà, anche se di cose non è che posso dire ne abbia viste: da single ero praticamente sempre in giro e, a parte due o tre insignificanti comete maschili dei primi tempi – sput! sput! – ha visto stabilirsi soltanto Lorenzo.
E va bene così.
Quindi, dicevo, sabato scorso dopo essermi fatta un bel pianto liberatore con lui che mi guardava a metà fra il divertito e l’attonito, ho radunato buona parte del mio ciarpame e mi sono trasferita definitivamente. Cioè, da brava procrastinatrice nonché leader di domani, ho cominciato a radunare, ma diciamo che da sabato notte in poi, ovunque io vada, la casa in cui torno a dormire non è più quella in Bolognina bensì quella di via Massarenti. Per me che sono un’abitudinaria è stato un impatto emotivo pari ad un uppercut di Mike Tyson.
Ma sono contenta, anche se non sembra. In realtà la casa nuova presenta molti aspetti positivi, al di là di chi la condivide con me, che poi mi dite che faccio venire la carie quindi non starò qui a dilungarmi, anche se la mia felicità è un dato oggettivo. Dicevo che la casa nuova ha in sé molti lati positivi, cominciando dalla distanza con il mio ufficio, che si dimezza nettamente e che mi permette di tornare a casa per pranzo, lusso che non mi concedevo da anni, costretta invece dalla lontananza a condividere malsane gamelle da muratore o stitiche insalatine (a seconda dell’imminenza della prova bikini) con un gruppo di individui con cui non condividerei niente, se non fosse che mi pagano per farlo colleghi. Ora esco alle
Un altro aspetto che mi piace è la comodità rispetto a tutto ciò che è importante nella mia vita, cioè casa dei miei e l’ipermercato, e la contemporanea ulteriore lontananza da tutto ciò da cui desidero stare alla larga, cioè da casa di mio fratello e mia cognata. Senza contare che nella casa nuova c’è Internet e, cambio gestore permettendo, potrò dare sfogo alla perversione che covo da anni e che non ho mai realizzato: tutto wifi, anche lo sciacquone se è possibile. E poi è grande, diamine! Non sarà
Poi ci sono le dolenti note, che in realtà scrivo per non perdere la mia aura di disfattista, acquisita negli anni con tanto sacrificio che sarebbe un peccato trasformarmi in Biancaneve così d’amblé. Dicevo ci sono le dolenti note, perché faccio ancora un po’ di fatica a dormire a causa della ferrovia: non è un grosso problema perché dicono che ci si abitua però, cercare il sonno dei giusti fra l’intercity 561 Leopardi, il Regionale 2133, il D’Annunzio delle 02:12 e tutta una serie di treni merce, non è un’impresa semplice. Ma dicono che ci si abitua, ripeto.
Poi c’è
Lo so che avevo detto che non l’avrei mai tollerata nella mia esistenza ma, almeno per questi primi giorni, devo ammettere che una volta eliminato il problema dell’allergia, degattizzandola con un apposito trattamento suggerito dal veterinario, si fa talmente tanto i fatti suoi che è come se non ci fosse, a parte quando mangiamo e viene a fare gli occhioni supplichevoli – ovviamente io ci casco e la nutro di nascosto, tanto, mi dico, la cassettina la pulisce Lorenzo, qualunque cosa ci finisca non è affar mio. E poi lui, da mesi, sopporta le mie cinque differenti personalità: un gesto carino glielo dovevo.
Che altro dire? Il titolo, stavolta, è quasi più esaustivo del post.
Vediamo come va. Stay tuned.
LdC
Meraviglioso!!!! e hai fatto benone…
Un abbraccio CRisss
Confermo che ci si abitua alla ferrovia.
Brava.
Il titolo del tuo post è in pratica la sintesi della mia vita.
Quando parlavi della ferrovia, mi hai fatto venire in mente il film dei Blues Brothers…
In bocca al lupo!
Il blog di gischio
Io la topo la nutrirei con robe grasse tipo pancetta, lardo si sa mai che tira le ultime per un trombo!
Mi sa che La Bestia mi starebbe simpatica. Adoro i gatti scorbutici.
anch’io quando mi sono trasferita da casa dei miei a casa mia ho pianto tutto il tragitto tant’è che quando sono arrivata il mio moroso mi fa:
“cos’è successo hai avuto un incidente?”
senza contare il fatto che al momento di partire da casa dei miei con la valigia, mia mamma stava stirando con gli occhiali da sole, solo che erano le otto di sera
che scene pietosa, ma cosa ci vuoi fare, siam di picaglia tenera…
stefi
Hai fatto benissimo a trasferirti spt se è quello che desideri e credo che sia così dalle tue parole. ;-))
Anche io mi affeziono molto alle case, cose ecc… e quando me ne devo distaccare è un delirio… sembra che vada al patibolo!! Per il treno non preoccuparti è vero ci si abitua, ci vuole un pò di tempo però poi è come se non passasse +……
vedo che anche il discorso gatta è stato risolto.. quindi tutto ok sei pronta per la nuova avventura!! ciao Luna
Comunque, per la cronaca, son lì da neanche una settimana e sto già benissimo come se ci avessi sempre abitato…
:o) ok ora che hai dato l anotizia a tutti posso dirti quanto sono felicissima per questa cosa anche qui pubblicamente!
Sono pienamente convinta che te lo stra meriti.
Sei una bella persona…
E…ti quoto il titolo del blog alla stra grande…
me lo dovrei tatuare sul braccio!!! :o)
in bocca al lupo per ogni giorno futuro.
ti abbraccio forte