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Saluti da Ibiza.

17 Aprile 2008

A forza di cercare soluzioni di viaggio per la prossima estate, a forza di sfogliare cataloghi, guardare strutture alberghiere, immaginarle nella realtà, leggerne le recensioni amarissime sul web e sconfortarmi perché – mannaggia a loro – non esiste un albergo o un villaggio di cui si dicano tutti soddisfatti, fra Italia, Spagna, isole varie, Tunisia, Turchia, alla fine mi è venuto in mente un viaggio di svariati anni fa.

 

2 settembre 2002: finalmente il mio primo, meritatissimo, giorno di ferie. Ho davanti a me tre, dico tre, settimane di nullafacenza, di fancazzismo più totale, delle quali una sarà dedicata ad un viaggio. Con la Simo, compagna di mille avventure, si fanno vari progetti su dove andare: Mar Rosso? – No, troppe ore d’aereo, poi chissà cosa mi daranno da mangiare! – e boccio l’idea. Poi c’è la proposta della sua casa in Calabria ma dopo aver consultato le tariffe aeree e dopo essersi ripresa dallo shock, mi comunica che non si può fare: soltanto il volo ci costa una fortuna. Un bel giorno mi chiama e mi dice: ho una bazza per Ibiza e io, come al solito diffidente sui luoghi di villeggiatura cosiddetti di massa (ricordiamoci che sono stata uno di quei pochi temerari che si sono avventurati fino alle Isole Shetland) storgo un po’ il naso… le dico un laconico ci penso su, se me la sento, riaggancio e mi collego ad Internet a farmi una cultura sulla Isla Blanca.

 

Ora, nel mio personalissimo immaginario, Ibiza non è mai stata niente di che. Vuoi perché in Spagna ci sono già stata, vuoi perché ho ancora dei ricordi di mio fratello che, preso dalla moda di Sandy Marton, mitizzava quest’isola nei lontani anni ’80 (per la cronaca non ci ha mai messo piede)… insomma, non è che l’idea mi prendesse molto… mi aspettavo una specie di riviera romagnola e, sinceramente, dopo le rituali domeniche a Marina di Ravenna (maltempo permettendo), avevo voglia di altri luoghi. Avrei preferito trascorrere sette giorni a leggere libri su una spiaggia greca andando a letto la sera dopo cena, devo confessarlo, ma alla Simo la Grecia faceva tristezza e quindi mi ritrovo a dire valà, prenota mò Ibiza e non se ne parli più senza troppa convinzione.

 

Morale della favola una domenica, verso le quattro del pomeriggio, le nostre due eroine sbarcano all’aeroporto di Ibiza. Una volta incontrata la nostra guida e caricato i bagagli sul pullman, l’autista Socmacker ci accompagna fino al nostro carinissimo albergo: l’hotel Neptuno a San Antonio, proprio in riva al mare come la Simo aveva richiesto, stanza grande, molto bella, terrazzo vista mare (ma soprattutto vista albergo di fronte con conseguente padellata di cazzi altrui serale – sport al quale entrambe siamo state sempre dedite) pur non avendo un concetto ideale di pasta al dente, ci viziano comunque con dei dolci (subito ribattezzati i dolcetti goloselli) che ogni sera sbaffiamo concedendoci bis e a volte anche tris.

 

I primi due giorni li trascorriamo esattamente come se fossimo a Pinarella di Cervia: di giorno in spiaggia e la sera, dopo cena, passeggiatina in riva al mare… Passeggiatina son poi parole grosse perchè, per arrivare in centro ci toccavano delle vere e proprie maratone, visto che il nostro albergo era sì in riva al mare, ma non esattamente nel cuore del paese. Media dei rientri serali: 23/23.30. In albergo avranno pensato che eravamo malate. Unica trasgressione concessasi dalla Simo: le treccine afro.

 

La terza sera ci facciamo coraggio e prendiamo il taxi fino ad Ibiza città.

 

Dovete sapere (anzi, forse voi lo sapete benissimo, l’unica che lo ignorava sono io) che qui, se ti piace ballare, ti togli proprio la voglia: puoi cominciare con l’osservare il tramonto al Cafè del Mar (all’epoca, con 25 Euro, ti portavi a casa pure il cd, oggi forse uno se lo scarica e basta, non so come sia la moda) poi, verso le 22/23 ceni… verso l’una di notte cominci a porti il problema su quale discoteca scegliere e balli fino a mattina e se ti restano le forze ti fai pure tutta la giornata successiva in una qualche altra balera che apre la mattina presto e chiude al pomeriggio, giusto per lasciarti il tempo di fare una doccia, chiamare i parenti per rassicurarli sul tuo stato di salute e ricominciare daccapo.

 

Io avevo già sonno dopo aver acquistato il cd del Cafè del Mar.

 

Ma torniamo alla nostra prima sera ad Ibiza. Credo che Cenerentola e Biancaneve si sarebbero sentite più a loro agio ad un rave party che noi due al porto, di fronte a tutto ciò che ci si è presentato: un mare di gente dalle fattezze più improbabili, tutte mischiate in un unico calderone chiassoso, colorato e diretto chissà dove. Indecise se andare a bere qualcosa, continuare a girare per bancarelle (ignare del fatto che, nei giorni successivi, le avremmo imparate a memoria), farci coraggio e infilarci in una discoteca, oppure riprendere il bus verso San Antonio (autobus che, pensandoci a posteriori, non siamo mai riuscite a prendere), ci sediamo su una panchina, l’unica cosa un po’ lontana dal viavai e soprattutto gratis nelle vicinanze a fare mente locale e soprattutto a fare venire un’ora decente per ripresentarsi in hotel (altrimenti, sul serio, ci avrebbero creduto malate). Ed è lì che conosciamo un tizio strano. Così, fra un tickets for tonight e un vamos a bailar esta noche. Facciamo amicizia e, un po’ in italiano, un po’ in spagnolo e un po’ in inglese (era di Lodi) ci delucida su come andrebbe teoricamente affrontata una vacanza ad Ibiza. Mi ricordo che è rimasto vagamente basito quando gli abbiamo fatto presente che, pur abitando ad un tiro di schioppo dalla riviera romagnola, non mettevamo piede in discoteca più o meno dal lontano 1994 (ah! Beati gli anni del Ciak). Ma forse non ci siamo trovate poi così male in mezzo a quel casino visto che, da quella volta, credo non sia passata una sera (e se non ricordo male anche un giorno intero) in cui non sperperassimo i nostri pochi fondi in stipatissimi bus o costosi taxi che avevano un solo comune denominatore: destinazione porto di Ibiza. Mi chiedo chissà come mai.

 

Ebbene sì. Noi, così Cenerentola e Biancaneve siamo anche riuscite ad andare a ballare all’Amnesia, in compagnia di simpatici napoletani DOC conosciuti la sera stessa in autobus (ad Ibiza si è tutti amici, non lo sapevate?)… ragazzi successivamente persi di vista per colpa mia con sommo dispiacere della Simo (e mio) a tal punto che ci siamo pure prodigate ad attaccare un cartello in stile Chi l’ha Visto? ma non li abbiamo più incontrati, pertanto se dovessero per caso imbattersi in questa pagina io ringrazio ancora oggi sentitamente Sergio, Alessandro e Giancarlo per averci pagato il taxi, offerto svariate paglie, un giro di sangria, ed essersi procurati il fumo (che io, vorrei precisare, non ho nemmeno toccato in quanto posso vantare trentadue anni senza mai essermi fatta una canna).

 

E poi e poi e poi… ormai era già sabato notte e l’indomani il pullman ci aspettava in albergo per riportarci all’aeroporto e chiudere così la nostra fantastica settimana. Credo che sia retorico dire che quella vacanza mi ha cambiata tantissimo: ho scoperto che basta la compagnia giusta e qualsiasi cosa diventa motivo di divertimento, che basta vivere il qui e ora senza pensare al dopo per stare veramente in pace con sé stessi, che certe amicizie me le porterò fino alla tomba e, soprattutto, che nella vita le persone devono poi fare quel cazzo che vogliono (e scusa Simo se ho citato il tuo francesismo).

 

Altre cose, in ordine sparso, che mi ricordo della vacanza:

 

La Troya Asesina, chissà se c’è ancora.

Il gay della fermata, la prima sera ad Ibiza.

Il gioco di prestigio con gli Euro dello sprovveduto inglese.

La mitica litigata della stanza 307.

La mia litigata in inglese alla fermata dei taxi.

Pasta luego.

Io che imito Audrey Hepburn e intorto un gay per conto terzi.

I baywatch di Cala Conta.

Il taxista bellissimo e la mia disquisizione, sempre in inglese, sulla distanza fra Bologna e Maranello.

Il diavolo tinto di nero e l’uomo seduto sul cesso.

Il delitto di San Antonio Bahia.

Trenta y cinco Euro? …Carràmba!

 

Comunque, sempre per la cronaca, la prossima estate Calabria o Sicilia: ho avuto una botta di campanilismo.

 

LdC

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  1. Ma dai! Non per il campanilismo che per carità… Ma In Calabria o in Sicilia dove lo trovi un taxista inglese bellissimo con cui disquisire sulla distanza tra Bologna e Maranello???

    Vacanza sprecata ;)

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