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Ve lo spiego io cosa è il mal d'Africa.

27 Agosto 2008

Osservo le categorie di viaggiatori contraddistinte dal modo di vestire: gli italiani dagli stranieri, gli habitué ai vacanzieri della volta l’anno.

Mangio un panino ripieno di formaggi multicolore.

La signora accanto a me in aereo si mette un breathe right, neanche dovesse arrivarci a piedi a Monastir.

Di notte fa freddo e mi metto un giubino.

Di fianco a noi c’è un cantiere che Lorenzo osserva con postura umarellica (non ci lavoreranno praticamente mai).

Bevo Nescafè.

Inizio Il giorno in più.

Mi spalmo la crema protezione sei.

Cerco di organizzare una partita di tennis con Ferdinando, l’uomo dal sorriso d’acciaio, ma ha male a un gomito e non se ne fa niente.

Facciamo un bagno in mare, io cado e bevo.

Lorenzo regredisce allo stato neonatale e dorme ad intervalli regolari.

Finisco Il giorno in più.

Inizio Lucky man.

Facciamo l’imbarazzante conoscenza del povero bambino Lapo.

La cameriera crea fantasiosi disegni sul letto utilizzando le nostre magliette.

Turisti romani si fanno ritrarre con curiosi copricapo: immagino che queste fotografie riempiranno le loro serate da personaggi secondari di film di Ferzan Ozpetek.

Finisco Lucky man.

Inizio i 78 motivi per cui il tuo libro non sarà mai pubblicato.

Vado a lezione di tennis.

Arrivo ultima al torneo di tennis.

Nutro gatti con avanzi del panino dell’aereo.

La radio dediche e richieste del villaggio manda Charlie fa surf.

Lorenzo gioca a calcio e si sporca da capo a piedi.

Finisco i 78 motivi per cui il tuo libro non sarà mai pubblicato.

Guardiamo film di prima visione sulla televisione pirata.

Lorenzo semina zizzania fra gli ospiti.

Inizio Le cinque persone che incontri in paradiso.

Noto che lo scrittore più gettonato fra i miei vicini di ombrellone è Giorgio Faletti, seguito da John Grisham, a sua volta seguito dall’Eleganza del riccio e dalla Solitudine dei numeri primi: non mi aspettavo di più.

Finisco Le cinque persone che incontri in paradiso e piango.

Inizio Sto con la band.
Medito di strangolare quella campana stonata che canta Non ti scordar mai di me in fondo siamo stati insieme.

Incontro la bimba palla e resto folgorata dalla sua semplice bellezza.

Tento timidi discorsi antimodestia a bordo piscina, ma fallisco miseramente nell’esperimento.

Realizzo che parlare di oroscopo può salvare più di una conversazione.

La radio dediche e richieste del villaggio manda Clash city rockers.

Complice l’assenza temporanea di Lorenzo, il bagnino mi imbonisce in francese.

Finisco Sto con la band.

Inizio Are you experienced?

Gioco al musichiere ma faccio perdere la mia squadra.

Arrivo ultima al secondo torneo di tennis.

I lamenti dei bambini che non vogliono uscire dall’acqua mi ricordano quelli dei micini randagi che sfamiamo ogni sera.

Ci facciamo hammam e massaggio.

La radio dediche e richieste del villaggio manda London calling.

Finisco Are you experienced?

Lorenzo vince il torneo di calcetto.

Bevo ripetutamente the alla menta.

Inizio Il mondo senza di noi, che non terminerò perché si rivelerà una grandissima palla.

La radio dediche e richieste del villaggio manda Who are you (ok, confesso, le abbiamo richieste tutte noi per non soccombere ai vari Ligabue, Ramazzotti e Vasco che propinavano da mane a sera).

Realizzo che il mal d’Africa non è, come avevo sempre pensato, la sensazione di nostalgia di chi ha visitato l’Africa e desidera tornarci (che comunque male non si è stati, sia chiaro) bensì la sensazione di perenne lotta intestina che squassa l’organismo ogni qual volta si ingerisce un genere alimentare a caso. Sorge il sospetto che il mal d’Africa venga altresì conosciuto come maledizione di Montezuma.

Mi allieta la notizia che Carolina Kostner ha sostenuto cinque esami con Cepu (abbiamo la tv via satellite).

Ci rifiutiamo categoricamente di fare balli di gruppo, acquagym e stupidi passatempi tranne una unica giornata in cui concentriamo gioco caffè (che vinco!), lancio della ciabatta e gara di ballo serale.

Facciamo le valigie e, nonostante i vari acquisti, riusciamo a rientrare di ben tre kg nella franchigia: ce ne rallegriamo, salutiamo l’allegra compagnia e ripartiamo alla volta di casa.

 

LdC

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  1. Di quello non ne parlo pubblicamente, sai che sono una signora. Per dettagli, frequenza, intensità e numero di rapporti scrivimi in pvt ;P

  2. bello bello bello il tuo racconto….ma se mi permetti…io che un pezzo di AFRICA vera, quella fatta di fame, miseria e ciononostante bambini e persone che ti offrono tutto il loro avere ed essere…è meravigliosa.Quella che ti entra dentro, con i suoi colori, profumi e gusti, è un’altra cosa…

    Ti lascia dentro il VERO mal d’AFRICA…e le varie Tunisie, e SHARM – HURGADA …sono sololamente omologazioni, pezzi di europa portati malamente in un altro continente…

    ti consiglio vivamente ti assaggiare la VERA Africa, vedrai che una volta assaggiata non ne potrai fare a meno.

    A questo proposito ti consiglio di leggere i libri di KUKY GALLMAN…poi se ti va ne parliamo insieme.

    Un abbraccio grande.

    con affetto.

    DANY

  3. Dani, non conosco lo scrittore che hai citato, comunque hai pienamente ragione perché quei luoghi sono deputati unicamente al turismo e non vedi quasi nulla della vera essenza del Paese dove ti trovi. Per quanto mi riguarda avevo bisogno di un mare bello e a portata di tasca, so dove sei stata ed è una delle mete a cui ambisco, anche se devo prima farmi training autogeno per le varie profilassi perché già due giorni di squaraus mi hanno un po’ spaventata.

  4. Dani,

    KUKY GALMANN è una donna,

    ha scritto : SOGNAVO L’AFRICA/NOTTI AFRICANE/IL COLORE DEL VENTO/ ELEFANTI IN GIARDINO,

    se volessi leggerli, fallo in ordine, poichè sono una sorta di diario di vera vita…

    Per quanto riguarda il viaggio….immagino, anche io “mi accontenterei della Tunisia!” a settembre…vedremo che esce fuori…

    Vedrai che appena ci andrai te ne innamorerai davvero.

    Forseo forse a gennaio andro’ in Kenia, mi sono ripromessa che l’Africa me la voglio vedere tutta (nei limiti del possibile – più che altro per motivi di sicurezza permettendo).Quando sono stata a MOmbasa, ci hanno dovuti scortare….uhm….non proprio il massimo nè!

    bacio bella.

  5. Mi è venuto in mente che ho letto un libro sull’Africa, anni fa! Si intitola “La masai bianca” ed è la storia di una donna austriaca, se non ricordo male, che si innamora di un Masai e per amore si trasferisce a vivere da lui.

    Mi è piaciuto molto, anche se non condividevo la scelta…

  6. Eheh, dopo aver visto come vivono i Masai….anche io non ce la farei…

    Non so se hai visto le mie foto su flick’r ce n’è una dove in braccio ho un bimbo masai, meravigliosooooo mene sono innamorata.

    praticamente l’ho tenuto una settimana intera spesso io.

    Io non ho fatto la vita da villaggio là.

    Stavo spesso con i masai perhcè avevano il LORO villaggio appena fuori il ns. e ho conosciuto persone meravigliose.

    Ma sai che con alcuni mi scrivo ancora adesso?

    Uno di loro mi ha regalato il loro BASTONE MASAI.

    Appena riesco ti mando delle foto belle, dell’Africa, che io non ho messo su flick’r…un abbraccio cara DANI

  7. scusate, ma state rappresentando troppo alla lettera uno spaccato descritto l’anno scorso da T_La… non posso non citarvelo…

    “23 agosto 2007

    Ha destato un po’ di commenti il post sul viaggio di nozze a New York degli

    sposini napoletani. Ricorderete: quei due che hanno messo le foto in rete;

    quei due che sono andati fin laggiù per stringere amicizia con altre tre

    coppie di compaesani e poi, intervistati magari da Studio Aperto sulla

    Emergenza Cinesi potrebbero rispondere: “Non sono abbastanza aperti e capaci di integrarsi”.

    Ebbene, qualcuno mi ha scritto che sono troppo cattivo con persone che in

    fondo sono semplici e buone. No. Persone così non sono né semplici né buone.

    Ne ho conosciute abbastanza nei vari luoghi di lavoro per poter definire

    feroce questo genere di persona, pronto a sbranare con risolini e battute

    chi non ha vissuto le loro stesse esperienze apparentemente uniche e

    trasgressive.

    F.C. da Roma mi segnala quest’altro esempio.

    http://www.riccardoesilvia.info/

    L’immagine di apertura, con gli sposi sulla spiaggia, mi ricorda

    quell’episodio di Fantozzi in cui la Pina, a un party serale nella discarica

    in riva al mare in cui si erano accampati, indossa il migliore dei suoi

    abiti: quello da sposa.

    Ma a colpirmi sono poi alcune frasi dal guestbook/diario. Quando gli sposini

    parlano di “quello che abbiamo imparato sulla cultura Masai” durante un safari di plastica.

    Non conosco questi due sposi. Non so come si comportino nella vita di tutti

    i giorni, fuori dalle finte riserve Masai. Però mi imbarazza pensare che una

    frase del genere possa essere pensata e pronunciata anche dalla coppia che

    ieri mattina allo sportello per il pagamento dei ticket presso l’Ospedale di San Donato Milanese ha creato un ingorgo infinito perché non riusciva a

    compilare un modulo con il proprio numero di tessera sanitaria. Eppure erano due ragazzi sui 28 anni, italiani, con tatuaggi tribali e monili vari.

    Quindi due nati in tempo di pace e in un Paese civile che garantisce

    l’istruzione obbligatoria. Magari quei tizi erano stati in viaggio di nozze

    in Kenya, dove credono di aver imparato molto sulla cultura Masai.

    Al di fuori di quell’esperienza, il nulla. Il terrore nel compilare un semplice

    modulo copiando una serie di numeri. Una massa di sprovveduti. Altro che

    Buon Selvaggio. Selvaggi e basta.”

  8. Davide, dei pezzi erano bellissimi (la storia del sottosuolo di Manhattan e del paese turistico abbandonato, mi sfugge il nome) però certe volte aveva delle cadute di ritmo che lo rendevano pesantuccio. Onde evitare di annoiarmi saltavo all’argomento successivo, ma come iniziava a parlare troppo dell’uomo primitivo o delle scimmie catarrine, saltavo di nuovo.

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