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Summer night city.

9 Luglio 2009

Ve lo dico fin da ora, giovani donne innamorate e fresche di fidanzamento: non importa quanto siate felici e obnubilati dal sentimento, non importa quante promesse vi sarete fatti (con te sarà diverso, in primis) sappiate che arriverà un giorno in cui, messo di fronte alla scelta, il vostro amato bene andrà a farsi i fatti suoi anziché accompagnarvi ad un concerto. E’ una necessità fisiologica, non condannabile, sono le classiche cose che capitano. E se anche voi avrete fatto ogni possibile gesto e detto ogni possibile frase in modo da farlo sentire in colpa, anzi peggio, da farlo sentire proprio una merda, non ci sarà verso. Vi troverete un’ora prima del concerto a rimuginare sul vado o non vado?

Questo è ovviamente capitato a me (ma pensa un po’) e il vado o non vado era riferito al concerto della tribute band degli Abba, gruppo che non penso avrò mai l’opportunità di vedere davvero e pertanto felice occasione per sentire comunque i loro pezzi suonati dal vivo. Il problema era che, seppur nel passato queste serate potevano rientrare in un concetto di normalità, quando ci si fidanza -almeno a me è capitato sempre così- ci si sente un po’ in diritto, come dire, di stare in cima all’elenco di priorità del nostro compagno. Dopotutto è lecito chiedersi, cacchio mi fidanzo a fare se poi non mi accompagni neanche dove ti chiedo? per farti il bucato? giammai!
e così mi trovavo, sconsolata e un po’ scornata, davanti al pc a premere F5 sulla home page di Facebook.

Temevo di soffrire di solitudine, di trovarmi nei guai (ai Giardini Margherita? alle nove di mercoledì sera e in mezzo a una densità di popolazione esponenziale?) e comunque mi scocciava: non ci ero più abituata, io, a far le cose da sola. Che poi mi è sempre piaciuto poco perché appartengo a quella fascia di persone che non vivono la solitudine come scelta ma come imposizione. Però poi ho ragionato: è assurdo rinunciare a ciò che si desidera solo perché non si ha qualcuno che ci accompagna e così, siccome la mia voglia era più forte delle paranoie, sono andata.

E in effetti non mi è successo niente. Non mi hanno importunato, derubato, raggirato, violentato, sgomitato, pestato piedi. Non mi hanno in effetti torto un capello. Anzi. Uscire da sola in un’occasione in cui sono abituata ad essere almeno in coppia, contare solo su me stessa (non che stessi facendo un corso di sopravvivenza, lo ammetto) mi ha fatto riassaporare l’autonomia che mi ha sostanzialmente permesso di passare indenne attraverso sette lunghi anni di singletudine, di persone sbagliate, di aerei presi da sola, di vacanze organizzate all’ultimo, di risvegli in solitaria e di quel senso di vuoto che una vita piena di impegni non riusciva a volte a colmare.

Soddisfatta di me stessa per questa piccola conquista, ho mangiato compiaciuta un Magnum Chocolate, sfogliando un giornale mentre aspettavo che cominciasse lo spettacolo. Ho cantato Summer night city, Voulez-vous, Gimme gimme gimme, Fernando… e a un certo punto, fra il pubblico, ho riconosciuto il mio moroso che si stava guardando intorno, suppongo, per cercare di individuarmi.

E’ venuto da me, nonostante tutto.
E io ho sorriso perché sapevo in cuor mio che, alla fine della favola, la principessa non resta mai sola.
(e anche questa è una favola)
(la mia)

LdC

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  1. no dai, ldc piegata dal degrado no, dai, mi rifiuto…

    pensa te che danni fanno se impensierisce anche un concerto, quasi una fobia indotta

    maz

  2. beh direi che è andato tutto bene! carino il moroso a raggiungerti…..

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