C’è stato un lungo periodo nella mia vita, finora la maggior parte della sua durata, in cui non ho provato il minimo trasporto per alcun esponente della specie animale. Molto semplicemente: io da una parte, loro da un’altra, ci si faceva bellamente i fatti propri. La paura materna trasmessami assieme a tante altre cose, complice una discreta allergia, ha fatto sì che fino a 32 anni circa io non mi ponessi il minimo dubbio in merito. Poi, la vita, si sa, ti mette di fronte ai cambiamenti e tu non te l’aspetti mai: è successo (come tutti ben sapete) che ho conosciuto Lorenzo, che viveva da 17 anni con una gatta.
La favolosa Gatta Topo, tuttora incredibilmente rimpianta ad oltre tre anni dalla scomparsa, è stata la catarsi, il punto di non ritorno, lo spartiacque fra il Prima e il Dopo: quando se n’è andata ho provato un dolore talmente forte e un senso di smarrimento dato dalla non-appartenenza, che non credevo di poter provare per una esponente del mondo animale. Eppure, da quei tempi in poi qualcosa in me è cambiato e posso garantirvi che è senz’altro cambiato in meglio.
Da tre anni e mezzo a questa parte ci sono due bellissimi, pigri, indolenti e viziati gatti grassocci che deliziano le nostre giornate e che rendono la nostra casa una vera famiglia, nel senso più armonioso del termine. Pesanti e lamentosi, oppure scatenati e pazzi, lo so, a volte sono esagerata e li tratto come fossero figli: ma chi ha stabilito gerarchie e ordini di importanza nell’affetto? Ma non mi sono limitata a loro due: ho cercato e cerco di fare il più possibile -per il tempo libero che mi è concesso- lavoro di volontariato, occupandomi di randagi e/o supportando chi se ne occupa in modo più ampio, con passaparola, consulenze, aiuti di ogni genere, donazioni, ecc… perché sento di amare fortissimamente tutti gli animali, questo senz’altro, ma in particolare le creature sublimi e vicine alla perfezione che abitualmente definiamo gatti. E forse, chissà, sono troppo sensibile quando mi ritrovo ad avere gli occhi lucidi ricordando Gerry che non è mai tornato, o pensando agli affetti dei miei amici virtuali, quando soffrono o quando non ci sono più, ma sono diventata così e non tornerei indietro per niente al mondo: per questo potrò sempre e solo dire grazie a quella scontrosa gattina nera, che un giorno ha deciso ciò che sarei diventata da lì a poco, cioè una gattara.
Vado fiera di questo aggettivo, mi fa sorridere e mi fa tenerezza, perché se essere gattara significa prendersi a cuore le situazioni, cercare di fare il proprio possibile, gioire e soffrire per ogni creatura indifesa, io sono orgogliosa di esserlo. Pensate che, pochi giorni fa, una persona che ritenevo amica si è sdegnata per questo mio atteggiamento, considerato estremo, “quando ci sono problemi più grossi al mondo e che preoccupazione vuoi che sia un gatto che non mangia” (nello specifico Tigris, che è a dieta e rifiuta stoicamente la pappa Obesity, forse anche solo per una questione di brand!)… ma se decido di prendermi cura di una creatura, un gatto, una pianta, un progetto, un mandarino, un’aiuola, un colibrì, dovrò pur farlo per bene oppure Ma sì, chissenefrega, tanto è un gatto? Non lascio perdere qualcosa in cui metto cuore e testa, non metto limiti all’amore e tantomeno faccio una classifica dell’impegno sociale più o meno nobile: amici, sappiate che non farò mai distinzioni se, nella vita, preferirete perorare una buona causa anziché un’altra, perché fare del bene è fare del bene, punto, non c’entra a chi ne fate, c’entra il fatto che siete capaci di farlo.
Sabato scorso sono stata da Marco, l’amico di Lorenzo che ha un laboratorio di tatuaggi, per chiedergli di modificare il mio e, dal sole che ho dietro la schiena, farlo diventare una silhouette felina (dice che si presta, quindi lo faremo) perché sono dell’idea che il tatuaggio segua la persona e, se io cambio, anche lui può cambiare assieme a me.
Dedicato alla Gatta Topo, a Gerry, a Spiccetti e agli altri Bubbi, a Gatto Filippo e a tutti quelli che non li dimenticheranno.
LdC
Sappi che è una brutta china: io ho iniziato apprezzando timidamente i gatti. Ora guardo con trasporto i cani e sogno una famiglia allargata/mista con gatto+cane… Comunque Spiccetti è un nome bellissimo, come Budetti (il gatto dell’Ambasciata USA a Roma) o Silvanetti (il cane di Victoria Cabello)
Ed era una micina speciale :)
Un bacio, cara. E buone feste!