Voi lo sapete, chi è un blogger?
Un blogger è uno qualsiasi, un individuo, un cittadino, che un bel giorno inizia a scrivere quello che pensa in un piccolo spazio (generalmente) gratuito che qualche provider gli mette a disposizione nel mare magnum di internet.
Possono volerci mesi, e talora anni, prima che qualcuno si accorga di lui: non è infrequente, quindi, che un blogger qualsiasi si ritrovi per un periodo di tempo indefinito a scrivere decine, forse centinaia di migliaia di battute con la consapevolezza che nessuno, nemmeno uno, le leggerà. Eppure continua, credendo -o sperando- nella possibilità che prima o poi le sue idee -quali che esse siano- possano raggiungere qualcun altro e, come si dice, germinare.
Nei casi più fortunati questo momento, lentamente, arriva: certo, ci vogliono fatica, rigore e fantasia; c‘è bisogno di conquistarsi le visite una dopo l’altra, con pazienza e disponibilità, inventando ogni giorno un modo nuovo ed efficace per dire quello che si vuole dire e ogni giorno correndo il rischio di perdere tutti i propri lettori in un colpo solo per aver scritto una baggianata, per essersi lasciati sfuggire una considerazione superficiale, per non aver mantenuto lo standard di qualità al quale gli altri si sono ormai abituati. E soprattutto bisogna continuare, possibilmente sempre meglio, ché quelli che leggono i blog sono -per fortuna- esigenti di brutto, e basta un’inezia per perdere quel minimo di credibilità che si è acquisita con tanta dedizione.
Non che tutto questo serva al blogger per campare, ci mancherebbe: in molti casi non gli vengono in tasca che poche decina di euro ogni mese, ottenute a stento dalla pubblicità che vende sul blog senza neanche poter chiedere esplicitamente ai propri lettori, giacché non costa nulla, di cliccare tutti i giorni sui banner che sono sul blog, ché altrimenti gli inserzionisti si incazzano e gli portano via quei quattro soldi che ha pazientemente accumulato.
Fare il blogger, insomma, costa una gran fatica e non porta alcun guadagno. Lo si fa perché ci si crede: si crede -ingenuamente, dice qualcuno, aggiungendo più o meno esplicitamente che siamo dei poveri coglioni- che le parole di una singola persona, e la loro successiva rielaborazione da parte di quelli che le leggono, possano alla lunga cambiare qualcosina; e che quella cosina -magari minuscola- possa pian piano muoverne un’altra un tantino più grande, e poi magari un’altra ancora, e poi chissà.
Ciò premesso, accade continuamente che un blogger esprima le proprie opinioni, riporti delle notizie che trova scritte su un giornale, o più raramente che dia conto delle testimonianze che ha raccolto per conto suo; può ben darsi, naturalmente, che quelle opinioni (“secondo me il Vaticano ha protetto i preti pedofili”), quelle notizie (“pare che durante il Consiglio dei Ministri Berlusconi abbia detto…”) e quelle testimonianze (“uno che è stato in carcere mi ha raccontato che…”) non siano dimostrabili: ma poiché il blogger non è un editore -il che equivale a dire, tra l’altro, che non incamera i cospicui contributi statali che agli editori sono riservati- egli non possiede gli strumenti di verifica né le competenze legali di cui invece i giornali possono dotarsi.
Ed eccoci arrivati al dunque; il tanto discusso “ddl intercettazioni” contiene una norma che non è stata rimossa neppure dopo le liti feroci che hanno spaccato in due la maggioranza: una norma che costringe tutti i blogger a rettificare ciò che hanno scritto, su richiesta degli interessati, entro lo stringente termine di 48 ore dalla notifica, pena una sanzione di 12.500 (dicasi dodicimilacinquecento) euro.
Ebbene, proprio perché -come dicevo prima- col lavoro di blogger non si campa, può essere ben possibile che in quelle 48 ore il malcapitato abbia la necessità di fare tutt’altro: lavorare, per esempio, oppure litigare con la fidanzata, o cullare il figlio piccolo che sta mettendo i denti, o andarsene al mare, o dedicarsi alle altre consuete occupazioni che caratterizzano la vita degli esseri umani; potrebbe essere che il blogger abbia espresso un’opinione propria, non fondata su prove documentali ma piuttosto su ragionamenti, congetture, ipotesi; così com’è assai probabile, infine, che di fronte ad una richiesta di rettifica il disgraziato non disponga degli strumenti giuridici per verificare se essa sia fondata o si tratti semplicemente di un’intimidazione finalizzata a fargli ritrattare quello che ha scritto perché dà noia a qualcuno.
Sapete, allora, come andrà a finire?
Andrà a finire che la maggior parte dei blogger, temendo di dover sborsare cifre proibitive per togliersi lo sfizio di scrivere quello che pensano, e stanchi di doversi precipitare a pubblicare una rettifica ogni volta che glielo chiedono, la pianteranno là e si dedicheranno ad altre cose: e che gli altri, quelli che proprio non potranno fare a meno di esprimersi, vivranno in un perenne stato di tensione aspettandosi da un momento all’altro un’allegra raccomandata in cui un avvocato sconosciuto intima loro di rimangiarsi le proprie opinioni.
E sapete chi ci rimetterà?
Ci rimetteranno coloro che frequentavano quei blog, perché evidentemente trovavano divertente, costruttivo e perfino utile leggere quello che c’era scritto e discuterne insieme.
Ci rimetteranno tutti quelli che non saranno più raggiunti dalle notiziole scomode per i potenti e dai ragionamenti fastidiosi per il regime che solo i blogger, svincolati come sono da qualsiasi considerazione legata al profitto, alla convenienza e alle amicizie che contano, si possono permettere di far circolare.
Ci rimetterà la partecipazione alla vita civile del paese, la circolazione libera delle idee, la grande opportunità che internet non si trasformi -come alcuni vorrebbero- in un’altra televisione, ma rimanga uno spazio di discussione, confronto e dibattito autenticamente libero.
Forse non è tanto vero, allora, che i blogger sono degli idealisti un po’ coglioni; forse non è vero che le cose non si possono cambiare dal basso, con pazienza, parola dopo parola, aggregando una persona dopo l’altra a un’idea, un progetto, una finalità comune.
Perché se così fosse, se quello di cui i blogger si occupano fosse solo fuffa senza corpo né sostanza, allora non cercherebbero di metterli a tacere in questo modo.
La verità, quella vera, è che hanno paura di noi.
LdC