E se mi è sembrata lunga una 10k chissà cosa penserò se arriverò viva in fondo alla mezza maratona di settembre!
Ma andiamo per gradi…
Mi sono iscritta.
Mi sono consumata di ansia, come sempre, inutilmente.
Ho fatto la mia modesta performance.
Sono tornata a casa, se possibile, con ancora più voglia di correre.
(ah sì, e ho anche tratto qualche conclusione su chi ha tifato per me e su chi se ne è bellamente fottuto)
All by myself, come diceva il tizio triste della canzone.
Con la differenza che la mia non è una canzone, e io non sono minimamente triste, anzi: sento di avere messo in tasca una piccolissima consapevolezza, un microscopico tassello che mi tornerà utile quando mi sembrerà di non farcela e invece adesso potrò ripetermi If you can run, you can run a race. Non dico di essere improvvisamente diventata una roccia, ma è già il secondo precedente che creo e, insomma, stai a vedere che alla fine non #moriremotutti come invece avrei sempre creduto.
La corsa è andata… bene!
Se considerate che era la mia prima corsa vera. Non competitiva ma con i tempi, per intenderci, non le varie scampagnate/passeggiate che ho fatto finora.
Tantissima gente, settemilacinquecento iscrizioni son mica brustulini, e io lì in mezzo, anzi, in fondo.
Nonostante il mio personal best sui 10k fosse inferiore di ben 7 minuti, quando mi hanno chiesto il tempo in cui pensavo di realizzare il percorso ho chiesto espressamente il braccialetto giallo (quello dei principianti) e sono partita fra gli ultimi. Non volevo nessuno dietro, non volevo pressione psicologica, volevo solo divertirmi: sapevo che non c’erano presupposti per fare un personal best (clima, confusione, emozione) e poi mi piaceva così, boh, son fatta strana.
Ho incontrato varie persone, amici e amiche ma, un po’ per differenze di team, di bracciali e di esigenze, ci siamo persi alla partenza: probabilmente si è rivelata una scelta vincente perché così ho evitato qualsiasi tentazione di darmi al walk&talk e chi s’è visto s’è visto.
Ho fatto bene a prenderla in serenità perché i grossi limiti della faccenda sono stati evidenti da subito.
Innanzitutto: era caldo, caldissimo. Siamo partiti con elegante ritardo ed erano quasi le 21, il sole era tramontato da poco e a Milano c’erano ancora almeno una trentina di gradi. L’aria era densa, si sudava solo a stare fermi.
Ho pensato che non volevo stramazzare, che sarei andata piano ma che ci sarei arrivata in fondo.
Ho tenuto con me una bottiglia: anche questa si è rivelata un’ottima scelta anche se era una complicazione a livello logistico, perché al punto di ristoro dei 5k avevano finito l’acqua e molte persone (oltre giustamente ad arrabbiarsi) hanno gettato la spugna.
Per quanto mi riguarda ho dovuto “solo” rallentare, in parte perché ho proprio la soglia psicologica dei 5k, cioè quando arrivo lì mi viene voglia di tornare a casa ovunque io sia e mi domando Cosa cavolo faccio qui e un po’ perché nonostante avessi la mia acqua ormai caldissima, la delusione di qualcosa di fresco che mi veniva ingiustamente sottratto si è fatta sentire e si è tradotta in fiacca.
Fra i 6 e i 7k ho corricchiato, camminato veloce, corricchiato, camminato veloce.
Fino a quel punto non avevo fatto caso a chi avevo superato, anche se mi ero resa conto di essere già passata davanti a vari braccialetti verdi (quindi meno principianti di me, in teoria) ma la vera dimostrazione che non stavo facendo così pena l’ho avuta quando la corsa è passata nell’Arena Civica: all’ingresso vedevo tutto questo fiume color pesca prima di me, ma all’uscita mi sono girata e ho visto altrettanto fiume dopo di me. Lì ho preso coraggio e ho deciso che, seppur piano, avrei corso e basta fino alla fine.
Fra altri e bassi sono arrivata a 9k e già vedevo il grattacielo di Piazza Gae Aulenti vicinissimo, forse il moto d’orgoglio mi ha fatto aumentare l’andatura troppo presto e infatti l’ultimo kilometro è stato pesantissimo, perché non arrivava mai la fine.
Già, ma poi… la fine dov’era?
Perché un traguardo vero e proprio io mica l’ho tagliato! A un certo punto, alcune persone dello staff ci hanno detto Ragazze potete smettere di correre, il percorso è già finito.
Oibò, non mi aspettavo le campane a festa, ma almeno una scritta?
A parte questo e a parte la mancanza dell’acqua al punto di ristoro per cui l’organizzazione è stata già ampiamente cazziata su tutti i social, alla fine posso dire che è stato bello, che non so se la rifarò ma è stato importante farla e se tornassi indietro non vorrei cambiare niente di questa esperienza: la sensazione di avercela fatta che mi è affiorata appena ho visto il cartello 9k, la bottiglia di plastica che letteralmente stritolavo con la mano destra, come se da lei dipendesse la mia sopravvivenza (quasi!), i pensieri che ho fatto e le idee che mi sono venute per questo post, le parole di chi mi aveva incitata prima di questa gara e anche durante gli allenamenti che mi facevano compagnia… tutti pezzi di un puzzle che nella mia mente comporrà questo ricordo per sempre.
Ci ho messo un sacco di tempo, è vero.
Non scriverò una pagina di storia sportiva, è vero.
Ma se sto già cercando un’altra corsa prima dell’appuntamento con la Run Tune Up, qualcosa vorrà dire.
LdC
Oh yeah!
Brava ragazza, anche a me piace fare ogni tanto qualche corsa in manifestazioni tipo questa. E’ divertente, è una scusa per fare un we fuori, ti spinge a fare attività fisica… insomma tutti punti positivi!
E poi hai ragione, è un ottimo modo per motivarsi, nei momenti difficili pensare a quando temevi di non farcela, e invece…