Avviso ai lettori: questo post è lungo più o meno come
Un po’ sulla scia di vari blog che frequento mi sono incuriosita sempre maggiormente su questo tema di moda quasi più del sushi aromatizzato al polonio e con un nome imponente, che riempie la bocca più della parola "Padoaschioppa". Leggevo un articolo sulla bibbia dove i lettori chiedevano ad Enrico Mentana un’opinione sul dilagante bullismo fra i giovani d’oggi e lui ha detto una cosa a mio avviso giusta e soprattutto logica, cioè che questi passatempi adolescenziali – più o meno aggressivi o quantomeno fastidiosi – da sempre accompagnano certe fasi della vita, con l’unica differenza che vent’anni fa non venivamo ripresi e sputtanati via web (insomma, Mentana non ha usato proprio questi termini, comunque il concetto è il medesimo).
Pensandoci è vero: da che ho memoria scolastica, di cortile, gruppo di catechismo e tutti quei contesti in cui si è sviluppata la mia vita sociale dai 6 ai 18 anni, questi fatti sono sempre stati più o meno all’ordine del giorno.
Bullismo verso categorie protette.
Dalla seconda alla quinta elementare (la prima l’ho fatta dalle suore di Santa Dorotea, dai non ridete, lo so che non si direbbe!) ho avuto in classe una ragazza che non saprei se definire più vicina alla trisomia 23 o alla 21, comunque decisamente di equilibrio instabile e con un sacco di problemi famigliari e di salute. Caso umano che adesso mi prenderei a cuore o che ad ogni modo avrei l’accortezza di evitare qualora mi rendessi conto di non essere in grado di interagire con lei. Insomma, almeno non infierirei. Ma a sette anni e pur con tutta l’educazione che ti possono avere dato fino a quel momento, come fai? E difatti più i miei me la menavano e mi imponevano di coinvolgerla alle feste di compleanno, di chiamarla a giocare ai giardinetti, eccetera eccetera, più io reagivo con moti di ribellione, chiamandola ma poi non cagandola pari (ovviamente con tutto il supporto morale, psicologico e talvolta fisico dei miei compagni di classe, i quali non solo non se la fumavano, ma la trattavano pure maluccio).
Con la pseudo-maturità dei miei trent’anni mi viene da dire che al di là dei nostri patetici “M. tua chiusa senza ritorno” il senso di inferiorità glielo somministrava quotidianamente la maestra, obbligandoci a stare a turno in banco con lei: forse lasciando che le leggi della Natura facessero il loro corso, prima o poi la situazione si sarebbe sanata da sé trovando un proprio status quo.
Bullismo a sfondo razziale.
Sempre durante gli stessi anni, in classe con noi, c’era un bambino di colore: sempre per i motivi di cui sopra la situazione si incrinò a causa degli adulti, difatti a noi prima che ci venisse detto “M. è di colore” proprio non ci era passata nemmeno per l’anticamera del cervello che ci fossero delle differenze: era un compagno di classe, non era nato a Bologna, va bene, era di un altro colore, va bene. Giocava? Sì. A posto, era tutto quello che desideravamo da lui. E poi vuoi mettere avere in classe un mini-Michael Jackson? Purtroppo accadde che un bambino sentì qualcosa in casa propria, venne a scuola e lo disse a sua volta, pensando di essere simpatico. Se ne uscì con un “taci, negro, e torna a raccogliere il cotone”.
Come vedete non serve riprendere col cellulare certe scene per imprimersele a fuoco nella mente.
Bullismo verso altre culture e vessazioni fini a se stesse.
Alle medie facevo gruppo con tre ragazze – avevamo addirittura un nome, le RBDM – e ci sentivamo molto fàighe. Tenevamo un diario collettivo (un primitivo blog, ripensandoci!) dove quotidianamente, a turno, scrivevamo il resoconto della giornata farcito dalle nostre impressioni – e fin qui tutto a posto – ma intrise di un veleno e di una cattiveria pazzeschi, con tanto di resoconti su come si era (mal)vestita una, con l’indicazione di stare lontane da X perché puzzava oppure che Y era una troia, e così via. Tra i nostri preferiti c’erano tale G. – napoletano verace, che illustravamo sempre alle prese con una pizza e lo sfondo del Vesuvio – e una tale M. alla quale non rivolgemmo la parola per un anno intero in quanto ci eravamo imposte la “legge del silenzio” nei suoi confronti. Così, semplicemente perché non ci era simpatica. Poi un giorno il diario segretissimo ci venne rubato con una gag che oggi avrebbe fatto gridare allo scandalo: ultimi giorni di scuola prima delle vacanze, la maestra ci diede la libera uscita un po’ prima non mi ricordo per quali motivi… con le RBDM decidemmo un raduno a casa mia ed eravamo lì a guardare Deejay Television quando suonò il campanello ed era proprio G. con il suo amico M. di cui eravamo innamorate tutte e quattro, chi più chi meno. Miracolo! Ci intrattenemmo simpaticamente per un po’ di tempo quando uno dei due chiese dov’era il bagno ma anziché dirigersi lì prese la porta di camera mia, arraffò al volo il diario e si lanciò fuori dalla porta, seguito a ruota dal complice. Scendendo a rotta di collo caddero perfino dalle scale. Il giorno successivo a scuola un gelo incredibile e noi quattro con occhi bassi a cercare di capire cosa potevano avere letto (tutto) e quanto potevano essere offesi (molto) e a quante persone avevano riferito delle nostre prese in giro (l’intera classe). Durante la ricreazione ci facemmo coraggio e andammo a parlare con i due “ladri” che, ricordo ancora, risposero “ringraziate che siete delle ragazze, altrimenti qui vi spaccavano tutti la faccia”. Fine della litigata, dal giorno dopo amici come prima e il diario venne chiuso. L’anno successivo magicamente la “legge del silenzio” sparì e parlammo anche normalmente con
Le stesse, identiche, situazioni che adesso mi porterebbero la troupe di Studio Aperto sotto casa un giorno sì e uno sì (come le Sfogliavelo di Giovanni Rana).
Bullismo verso i meno fortunati.
A dodici anni ero alta poco più di 1.60 e pesavo attorno agli
If you can dream it, you can do it (se non sempre, spesso).
Bullismo di natura politica.
Alle superiori ero già più o meno come oggi, non nel senso di alta e bionda, nemmeno nel senso di complicata e sfuggente, neanche nel senso di creativa ed intellettivamente strutturata. Semplicemente avevo già un po’ di puzza sotto al naso. Non proprio fighetta-fighettissima (quello non lo sono neanche adesso) però di me si poteva dire che ero decisamente inquadrata. E comunque molto meno di sinistra. Molto, molto meno. Diciamo proprio della fazione opposta. Diciamo che la prima volta che ho votato l’ho fatto per Silvio.. perdono, ero giovane e stupida… e diciamo che nella classe di fronte alla mia faceva infruttuosamente trascorrere le proprie giornate una tal Marika il cui unico senso nel mondo era quello di andare un giorno ad occupare un posto a San Patrignano. Diciamo anche che questa aspirante tossica si divertiva un sacco a prendere in giro noi ragazzette medio-borghesi che altro di male non facevamo che qualche fuga e qualche paglia chiuse nei bagni. Il vero motivo non lo so, probabilmente perché ci vedevamo rispettivamente agli antipodi una dalle altre, una sorta di invidia (di cosa, poi?) e ad ogni modo non ci si prendeva proprio a pelle. Diciamo che un giorno lei si fa una canna a scuola e putacaso noi fiutiamo “aria, aria di casa mia” e ce lo lasciamo sfuggire innocentemente con un professore… diciamo che contro di lei vengono presi seri provvedimenti e che quando torna a scuola ci chiude in un bagno e ci fa la doccia con il tubo dell’acqua. A febbraio. Diciamo anche che da quella volta fu guerra aperta e ogni scusa fu buona per dirsene e farsene di ogni.
L’ultima volta che ci siamo rivolte la parola la scena è stata più o meno questa… lei “ma guardatevi, non vi vergognate a leccare il culo così alla prof. XY?”… mia occhiata da capo a piedi e “francamente no, ma se fossi in te mi vergognerei ad andare in giro con quella gonna”. Da quel giorno non l’ho più vista o, perlomeno, non ho più suoi ricordi.
E tutto questo senza l’ausilio tecnologico di videofonini, Youtube ed altre amenità – al massimo si scendeva alla cabina del telefono per ragguagliare
LdC – to be continued…
(*) Dopo mesi di assenze e ritardi
Prima di leggere il romanzo ;-), un suggerimento per piacere: un riassunto alla fine di ogni post per la francese limitata in italiano tra i tuoi lettori
Grazie ;-)
cktc
CiKappina mia, è un po’ difficile (anche se molti altri lettori mi hanno chiesto di essere più stringata)… in questo post c’è anche molto slang bolognese, facciamo che per farmi perdonare ti traduco tutto quello che non ti è chiaro!
Se me lo permetti Dani…
1. Categorie protette: o non ho capito nulla o sono veramente scema! ;-), me lo dirai tu… Fossi la mamma di quella ragazza, forse capiresti la voglia di protezione della maestra verso quella bambina, probabilmente chiesta appunto dalla mamma. E non penso che il fatto di volervi fare sedere accanto a lei era una cattiva idea…
« Prima o poi la situazione si sarebbe sanata da sé trovando un proprio status quo »… Io non penso che abbia ragione su questo, anzi penso che la ragazza sarebbe stata trattate ancora più male da voi. E’ l’istinto animale… In francese si parla del mito della gallina malatta nel gallinaio (quelle non malatte la vogliono uccidere).
Sull’osservazione dell’educazione religiosa, non si ride ;-) Appunto è quando si ha questo tipo di educazione che dopo si ha voglia di « vivere » ;-)
2. « Pensando di essere simpatico », non penso proprio. A 7 anni puoi essere consapevole che certe parole offendono.
Si, « purtroppo » come dici tu, la parola è giusta: purtroppo certi bambini hanno dei genitori scemi che non li insegnano la toleranza e che non sanno che la diversità è una richezza. Sono loro i poveretti della tua storia, quelli che hanno i genitori intoleranti, non il bambino di colore.
3. Ecco il prodotto veleno di un’educazione religiosa (pettegolio gratuito e cattivo). Ed ecco la giustizia “divina” (il fatto di essere smascherate e poi di fare brutta figura… questo rende “migliore” dopo, ecco perché sei una ragazza carina di personalità ora ;-)]
4. 10 kg di meno della misura, in Francia ti diremmo: « sei perfetta Dani ! » ;-) Avete mai sentito la storia dell’attrice Kate Winslet? Mi fa pensare a un misto tra il bullismo 3 e il bullismo 4. Lei era cicciona quando aveva 12 anni ed era la coccolona della maestra (ecco anche il bullismo 1!). Una sua compagna di classe le ha fatto una vita terribile, a dire cose cattive su di lei. Lei ne ha sofferto tanto, anzi tantissimo. Poi, con dici tu, se ne sogni, lo puoi fare, lei è dimagrito ed è diventata l’attrice che conosciamo ora. E la ragazza che la prendeva in giro lavora ora come un’impiegata di basso livello (l’ha incontrata un giorno per caso in un negozio, se cerchi su internet, la conversazione tra le due ragazze è molto carina)
5. « Avevo già un po’ di puzza sotto al naso »… come i francesi allora ;-) Scherzo… Non è quello che dite di noi? ;-)
Silvio?!!!! Accidenti ! ;-) Eri piccina politicamente parlando e non capivi ancora… sei perdonnata ;-)
Dani, non prendertela please. TVB, lo sai, altrimenti non passerei tempo a leggerti. A me piace scherzare e stuzzicare, non lo faccio mai in un modo cattivo. Ma cmq sia, i soggetti che hai scelti di sviluppare oggi sono per me soggetti non legati alle battute: l’intoleranza, il razzismo, la cattiveria gratuita, la discriminazione sociale, ecc.
cktc (che spera di rimanere la cikappina tua ;-)
Non so se riesco a risponderti precisamente e punto per punto, comunque ci provo… non so se stai seguendo questa storia del “bullismo” ma come sempre noi italiani siamo bravissimi a prendere un granello di polvere e farne una montagna. Quello che ho raccontato in questo post vuole far capire che da sempre (e sempre sarà così) i bambini e gli adolescenti saranno spietati fra loro: non hanno i nostri “filtri”, non pensano di ferire così tanto come invece noi siamo coscienti di fare. Basterebbe che i genitori insegnassero di più valori come l’arricchimento culturale, la tolleranza, eccetera per fare sì che non si verifichino episodi come quelli che ho riportato… ma non è questione di farli vedere su Youtube o di riprenderli con il cellulare… non sarà questo a fermare l’ignoranza della gente anzi, a mio avviso aumenterà con l’effetto emulazione! Mio nipote Thomas, che ha 5 anni, SEMBRA stia crescendo con un’educazione ottima… non sono più gli stessi tempi di quando io ero bambina, ma lui un giorno mi ha detto “sai zia, a scuola c’è un bambino di cioccolata”: a lui come prima cosa è venuta in mente la cioccolata e non il fatto che quel bambino è differente da lui… questo, secondo me, è un segno dei tempi che cambiano.
Scusa di insistere, non vorrei sembrati pesante ma è un soggetto che mi è molto caro. Passero’ per la francese rompiscatole… Sai nel mio paese, questo tipo di raggionamento da piccolo genera delle persone che votano molto male… Allora il soggetto è serio.
In una famiglia razzista, il bambino sarà razzisto fino a quando poi potrà capire se stesso il soggetto. O peggio, rimarrà razzista come i genitori e riprodurrà il modello. Ecc. Ecc.
Non è una questione di tempi. Ho 10 anni più di te (pensa all’intolleranza della generazione dei miei!). Io ho avuto la fortuna di avere una mamma tollerante che mi ha insegnato tante cose buone, e quando ero piccola, la mia migliore amica aveva il padre di colore (è dottore) e io sono sempre stata fiera di essere una sua amica.
Thomas ha detto una cosa carina, si, probabilmente perché i suoi sono carini e tolleranti, punto.
E quella mia amica diceva:
– mia mamma è latte
– mio padre è cioccolato
– io e mio fratello siamo caffè con latte.
Era lei a dirlo con tanta filosofia a 7 anni!
cktc
Io una volta ero moooolto intollerante, ma molto, moltissimo sai? I miei non c’entrano tanto, loro sono persone semplici e mi hanno sempre detto “ovunque ci sono persone buone e persone cattive, non dipende da paesi e abitudini”. Poi non so cosa sia successo: ho viaggiato tanto, ho conosciuto persone molto diverse da me e semplicemente ho allargato i miei orizzonti. Qui in Italia non succede, ma quando sono nella mia amata Londra non mi stupisco se l’impiegato in posta è di una razza differente dalla mia… questo perchè sono abituata a dialogare ogni giorno con una CiKappina curiosona, a scambiare e-mail con un amico in Inghilterra, un’amica negli USA, a considerare una qualsiasi piazza di Roma o Milano come “vicino casa”. Questo atteggiamento multietnico e cosmopolita (decisamente di sinistra e poco apprezzato nel Bel Paese) mi rende molto orgogliosa perchè sono fermamente convinta che le differenze arricchiscano e, nel limite della civiltà e legalità, dovremmo ognuno toglierci un po’ di presunzione e non dico accettare (se proprio uno non ce la fa!), ma sforzarsi di capire le altre persone.
Esatto ;-) E io mi considero “ricca” e fortunata di fare parte di quelli che lo pensano cosi’…
Un’ultima osservazione: per i bambini, ci sono anche le frequentazioni a scuola. Puoi avere dei genitori meravigliosi e tolleranti ma frequentare amici/che poco tolleranti e stupidoni. Per fare parte del loro circolo, fai come loro. Se trattano male qualcuno, farai lo stesso se sei influenzabile. Se sono razzisti, lo sarai per essere di loro…
Stesso discorso di prima.
Et comme un chat, je retombe sur mes quattre pattes ;-)
cktc