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Potrei tingermi di verde.

27 Febbraio 2007

Ma facciamo finta di non pensarci, dai. Oggi una vera e propria chicca, spero non me ne voglia l’autore per questo selvaggio copiaincolla (il titolo è un link, così, tanto perchè non passi inosservato). Disclaimer: questo racconto è tratto dallo Speciale Ugly Off, Collettivo Soda, di cui non sono in possesso ma che potrete chiedere a colui che gestisce il blog ufficiale dello Scrittore verso il quale, per inciso, nutro una seria, profonda e reverenziale stima e che se mi dice di cancellare il racconto lo cancello subito, cogliendo comunque l’occasione per profondermi in sperticate lodi e cordiali saluti.

 

LdC

 

5:15

di Gianluca Morozzi

 

Sedici anni fa, è lampante, nel mio corpo abitava un’altra persona.

Sedici anni fa avevo un solo desiderio, uno soltanto: essere guardato in un certo modo da una ragazza, una qualunque, anche stupida, anche brutta. Anche stupida e brutta.

Anche soltanto una volta.

Sedici anni dopo sono dentro un’auto che corre sulla via Emilia. L’orologio segna le 3:30 di notte.

Nell’auto siamo in quattro. Io sono seduto dietro, accanto ad una bionda di un metro e ottanta di nome Lara. Alla guida c’è Walter. La rossa alla sua destra è Clara.

Io, Walter e Clara siamo stati insieme in Messico, in Irlanda e a Cuba.

La bionda di un metro e ottanta non c’entra niente con il Messico, con l’Irlanda o con Cuba, non c’entra niente con noi tre, non c’entra niente con me. L’ho conosciuta sabato scorso ad una festa, abbiamo parlato dei Rem, lei mi ha detto “Io i Rem li ascolto fin dal primo album, Losing my religion”, io ho evitato astutamente di correggerla, e, ubriachi, ci siamo dati due baci-due davanti alla porta del bagno. Stop.

Avevo dimenticato che esistesse, Lara.

Stasera avevamo appuntamento al parcheggio del centro commerciale, io, Walter e Clara; dovevamo andare alla solita discoteca rock, noi tre, solo noi tre, come sempre. Sono arrivato al centro commerciale, sono sceso dalla macchina sorridente. E ho scoperto che Walter non solo era venuto con Clara, ma aveva riesumato Lara da chissà dove.

Bella idea.

Sono le 3:35, Lara mi scruta nella penombra della macchina. Clara canta 5:15 più forte degli Who nello stereo. Out of my brain on the train, urla Clara con perfetta intonazione.

Walter si accende una sigaretta tenendo il volante con i gomiti, io guardo le case che sfrecciano veloci lungo la via Emilia.

Ho tre messaggi nelle mie tasche.

Il primo è racchiuso nel cellulare, è un Sms della mia ex: Sei riuscito a farmi un sacco di male, devi esserne veramente fiero. Così c’è scritto, sul display.

La mia ex si chiama Katia. Ha un meraviglioso senso dell’umorismo, due cani, suona la chitarra meglio di me. Il suo film preferito è Io e Annie. Da quando l’ho lasciata, cinque settimane fa, mi bombarda con questi Sms pieni di rancore.

Il secondo messaggio è un biglietto che ho scritto io per Clara. Non glielo farò mai leggere, perché dice:

“Non posso obbligarti a provare qualcosa che non provi, e quando il sentimento è unilaterale non è colpa di nessuno, no? E vorrei che tu sapessi- e non provare a ridere- che in tutti questi anni sei stata protagonista di un migliaio delle mie fantasie, ma nessuna –nessuna, giuro- sessuale –stai ridendo?- ,e guarda, sto dicendo una cosa importante, nelle mie fantasie ci baciamo sul divano di casa tua, io ti guardo dormire all’alba accarezzandoti i capelli, piano, per non svegliarti, la luce filtra attraverso le persiane, e forse mi basterebbe procurarti una reazione, vederti piangere per me almeno una volta, anche solo per un attimo, vederti con una certa gonna o un certo vestito e sapere che l’hai

indossato per me, e alla fine la cosa terribile non è essere respinti, quello lo si può accettare. E’ questa cortese indifferenza, quello che ferisce”.

Il biglietto resterà nel mio portafogli per qualche giorno, poi finirà nel cestino.

Il terzo messaggio l’ho trovato nella tasca del giubbotto uscendo dalla discoteca. Diceva Non ti sei comportato molto bene dopo la festa, speravo mi chiamassi, mi ero illusa come una scema. Comunque, puoi ancora rimediare. Lara.

Perfetto. Ci siamo dati due baci-due e siamo già fidanzati, mi sembra giusto, no? No, davvero, mi sembra molto logico, proprio molto logico.

“Lo hai letto il mio biglietto?” sussurra Lara, “Mi accompagni a casa?”

Clara e Walter bisbigliano coperti dagli Who, e non sono stupido, ragazzi, non sono stupido, certe occhiate le interpreto, amici, certe mezze frasi le decifro…

Guardo Lara con un sorriso forzato.

Nei miei piani io avrei accompagnato Clara, di Lara si sarebbe fatto carico Walter, visto che è stato lui ad avere la bella idea di portarla fuori, stasera. Poi speravo di fermarmi sotto casa di Clara, parlare un po’. Speravo.

Lara coglie la mia esitazione, così distoglie lo sguardo e dice: “No, no, lascia perdere. Non so perché te l’ho chiesto.” Si gira, ha gli occhi lucidi.

Beh, adesso la cosa ha dell’incredibile. Sta piangendo per colpa mia, santo cielo, per me, che un tempo guardavo con invidia gli amici accoppiati. Accoppiati a ragazze orribili, spesso, a ragazze stupidissime. Che erano sempre più di quel niente che avevo io.

Lara è bella, è luminosa, ha fatto girare teste in tutta la discoteca. Può avere gli uomini che vuole, e sta piangendo per me dopo due baci-due. Io, giuda porco, non posso veder piangere una donna.

Le accarezzo i capelli e sussurro: “Dai, certo che ti accompagno a casa”. Non sono un animale fino in fondo, qualche regola di comportamento con gli esseri umani ogni tanto la seguo.

Un bip nella tasca segnala un nuovo Sms. Vado a leggerlo, è ancora di Katia.

E dire che solo tre settimane fa pensavo a quanto sarebbe stato carino andare ad abitare insieme, che stupida sono.

A questo punto, giustamente, spengo il cellulare.

Arriviamo al parcheggio del centro commerciale, la mia macchina è rimasta sola nel deserto. Scendiamo tutti e quattro.

“Allora, Walter, tu accompagna Clara.” dico funereo. “Lara la porto a casa io.”

Walter soffia fuori il fumo e dice solo: “Okay.” E’ uno di poche parole, Walter.

Clara mi saluta con i soliti tre bacetti sulle guance, mi sussurra all’orecchio: “Comportati bene, mi raccomando. Non illuderla.”

Poi, Walter e Clara scompaiono nella notte.

Non ho ancora aperto lo sportello che Lara dice: “Certo che sono proprio stupida. Lo so benissimo che tanto non ti interesso.”

Non rispondo, ma la mia espressione truce significa non aggiungere un’altra parola.

Mezz’ora dopo ci stiamo accoppiando –in questo caso non mi esce un termine migliore –nel sottoscala di casa sua, in piedi contro il muro, sotto le cassette della posta, cercando di non urtare la bicicletta appoggiata alla porta della cantina. L’appartamento di Lara in zona Pilastro è occupato da una mezza dozzina di compagne di stanza, e perciò abbiamo optato per la soluzione più squallida.

Procedo col pilota automatico, senza il minimo trasporto, zero, e intanto penso Adesso è proprio finita, Katia, noi avvolti nelle coperte a guardare i Simpson con la stufetta ai piedi del letto siamo un dolce ricordo, addio, amore.

Lara mi ficca le unghie nel collo, e Clara starà facendo lo stesso con Walter in qualche altro angolo buio, sicuramente. Domani al telefono fingeranno di niente, saranno falsi e amichevoli, chiaro.

Lara mi prega di sussurrarle qualcosa all’orecchio, io attingo meccanico al classico repertorio da film porno, e senza motivo mi vengono in mente i Pogues e quella canzone, Rainy night in Soho.

Sei mesi fa a Dublino, in un pub chiamato Brazen Head, un gruppo folk la suonava per una folla strabocchevole e rumorosa. Le pinte di Guinness tintinnavano, io ero appoggiato al bancone col mio bicchiere in mano, Walter scattava foto, e due anziani irlandesi dai

lineamenti scolpiti nella roccia facevano ballare Clara che rideva divertita, allegra per le birre bevute quella sera.

Tutti cantavano in coro l’ultima strofa, quella che dice E adesso la canzone è quasi finita, / potremmo non capire mai cosa significhi / ma c’è una luce davanti a me / e tu sei la misura dei miei sogni / la misura dei miei sogni.

In quel momento bellissimo e toccante ammiravo Clara da lontano, felice di condividere quell’istante con lei.

Lei, che era la misura dei miei sogni.

Alla fine ci rivestiamo. Lara ripulisce il vestito da polvere e intonaco, ci baciamo un altro po’, lei mi allunga un bigliettino col suo numero di telefono, io le prometto di chiamarla presto. Esco dal portone, getto il biglietto nel primo cestino dei rifiuti.

Guido calmo sullo stradone che mi riporta a casa. Si stagliano nel buio le grandi torri della fiera, e l’orologio sul cruscotto segna le 5:15.

Sedici anni fa avevo un solo desiderio, essere guardato in un certo modo da una ragazza. Anche brutta, anche stupida.

Anche solo una volta.

Ma con ogni desiderio, si sa, viene una maledizione.

 

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  1. @Deb: non mi vesto (che il verde, si sa, noi bionde ci sbatte) bensì mi ci tingerei proprio, tipo come a diventare un bel quadrifoglio di un metroeottanta ;oP

    @Liz: è il solito discorso del desiderare cose sbagliate, ecco che poi non si avverano. Per la cronaca terrei a specificare che ciò che sto desiderando io (anzi, che voglio fortissimamente voglio) è qualcosa che farà bene all’intera comunità. No vabè, esagero. Diciamo a un paio di persone!

  2. Sedici anni fa avevo un solo desiderio, essere guardato in un certo modo da una ragazza. Anche brutta, anche stupida.

    Sono passati 16 anni, non è cambiato un cazzo, quindi vaffanculo.

  3. @Aluc, un giorno vorrei vederti abbracciare la vita con un sorriso. Che post devo scrivere perchè ciò avvenga?

    @Deb, già dato nel 2000 e ri-darei immediatamente, ma quest’anno mi sento chiamare come Ulisse dalle Sirene da un posto che non ho ancora deciso quale sarà ma dovrà tassativamente comprendere sole, caldo, alcool, eventualmente droghe leggere e un compagno di viaggio sessualmente attivo.

    @Coquelicots, perchè?

  4. “e forse mi basterebbe procurarti una reazione, vederti piangere per me almeno una volta, anche solo per un attimo, vederti con una certa gonna o un certo vestito e sapere che l’hai indossato per me, e alla fine la cosa terribile non è essere respinti, quello lo si può accettare. E’ questa cortese indifferenza, quello che ferisce”

    Vorrei segnalare la provenienza del racconto: Speciale Ugly Off, by Collettivo Soda. Da qualche parte ho i link ma non li trovo… ehm, se a qualcuno interessa mi scriva in privato che glielo spedisco in allegato ad una mail.

    Ste.

  5. Sai Ste che a me ‘sto pezzo che hai virgolettato invece m’ha fatto incazzare e pure di brutto, quando l’ho letto? Premettendo che ho pubblicato questo racconto perché è uno spaccato incredibilmente veritiero dei rapporti uomo-donna sotto l’egida del terribile dio Amikinontama Nonamikitama e non per mandare a dire qualcosa (quindi te che leggi stai pur sereno e dormi sonni tranquilli), mi viene in mente come certi uomini desiderino questo ma solo a livello teorico, perchè poi un mercoledì sera magari si trovano a cena a casa di una ragazza che per loro si mette una certa gonna, un certo vestito e si preoccupa di fargli trovare il gelato, le fragole anche se non sono di stagione e una serie di attenzioni carine, che non vogliono significare più di un “ti penso, mi stai a cuore” e si ritrovano invece a dire gentilezze del calibro guarda questa cena che hai preparato, è troppo per me, tu hai troppe attenzioni per me, tu mi soffochi. Al che la ragazza che per loro si è messa la certa gonna, eccetera eccetera, pensa che è vero che i baci non sono contratti e le parole non sono garanzie e giustamente se ne fa una ragione, ma una piccola parte di lei quantomeno spera che ti ci strozzi con quelle fragole e scusa se insisto, ma veramente gli uomini che spendono il proprio tempo così sono intelligenti come i cani che inseguono auto che non hanno intenzione di guidare.

  6. quando accadrà, se mai accadrà, lo scriverò io il post.

    c’e’ stata una notte di novembre in cui il mio piccollo cervelletto bacato ha pensato che quel vestito, quella cena, quella taglio di capelli volesse significare “ti penso, mi stai a cuore”, e al sms che mi domandava se la serata era stata bella ho risposto di sì, ero stato bene come non succedeva da anni, e se me l’aveva chiesto il povero cervelletto bacato pensava che era stata bene anche lei, per questo le ho chiesto di uscire ancora, ma dopo qiella sera la risposta è stata un sempre “non posso ho un altro impegno bla bla bla”. Poteva fare a meno di invitarmi a cena se già aveva deciso o se l’e’ bastata una nottata per cambiare idea.

  7. @Cate, veramente sabato ti sei persa qualcosa di unico, comunque rimediamo stasera!!!

    @Aluc, forse c’è un fattore che non abbiamo valutato. Magari entrambi siamo persone perfette sulla carta, ma poi noiosissime quando ci si ha a che fare ed è per questo che la gente scappa a gambe levate dopo il primo appuntamento.

  8. mi ha messo tristezza perchè mi ricorda esperienze passate e uomini di merda…no! merda per alcuni è solo un complimento!

    ps.ok…oggi ho un pò le scatole girate su alcuni argomenti!

  9. ciao danildc, anche se sono solo un’anonima,riguardo al commento #10 mi sento di raccontarti solo un insignificante episodio che mi successe ormai non so quanti anni fa, solo per dire che concordo pienamente con te. Dopo più di una anno di un rapporto di amicizia CHIARAMENTE E A DETTA DI TUTTI molto ambiguo da parte di entrambi (ma che l’uomo in questione poi si affrettò subito a smentire come se fosse stato solo frutto della MIA -E SOLO MIA!- più fervida fantasia e immaginazione…) mi capitò di essere invitata a casa di questa persona che già diverse volte mi rivolgeva esplicitamente domande del tipo “perchè non ti metti mai una gonna o un vestito? ti ci vorrei vedere ogni tanto!” Non era la prima volta che andavo a casa sua, ma quella era un’occasione un pò diversa. Io ne approfittai per mettermi appunto una gonna, o un vestito,scarpe coi tacchi ecc,non mi ricordo neanche esattamente, ma ci avevo messo un pò a prepararmi e mi ci ero impegnata apposta per lui, CONVINTA che avrebbe notato e apprezzato che finalmente mi ero vestita come sarebbe piaciuto a lui,come da sua stessa richiesta. Mi ricordo che la situazione climatica non era neanche ottimale: faceva freddo e stava piovendo o quasi, ma nonostante tutto ero convinta di volermi “preparare” in quel modo per lui. Appena scesi alla fermata a cui doveva venirmi a prendere, non solo non c’era e ritardò anche un pò, ma appena arrivò, la prima cosa che mi disse -e con sguardo dispregiativo- fu: “MA COME CAZZO TI SEI VESTITA?”



    credo di non aver bisogno di scrivere oltre, nè di commentare.

    ciao :)

  10. Dani, hai ragione, però a me quel biglietto lì ha fatto venire in mente un altro aspetto negativo del biglietto stesso, quello di voler farle venire un senso di colpa per il fatto che non lo caga come lui vorrebbe. Capita anche questo.

    Meno male che poi il biglietto non glielo da.

    Ste

  11. “… e fermo in stazione/ aspetto il tuo bus/ come ti vestirai?/ come ti presenterai?/ che cosa mi dirai?”

    -Olanda, Ivan Graziani-

    Okay, non c’entra niente, però volevo commentare citando Graziani :-p

    Ste

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