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Maria Sharapova strikes back (la sottoscritta e lo sport).

12 Marzo 2007

Maria Sharapova – oltre ad essere la campionessa di origini russe – era il soprannome affibbiatomi alla Record. Non perché fossi brava come lei (modestamente a tennis sono più statica di un fermaporte in ghisa) ma semplicemente per sottolineare il lato glamour che non mi abbandona nemmeno quando sono sulla terra rossa: in ogni stagione dell’anno e per ogni lezione ho sfoggiato gonnelline, pantaloncini, top, magliettine e fermacapelli di ogni colore e foggia, con particolare predilezione per il rosa che, voglio dire, stiamo praticando uno sport mica sbadilando della ghiaia. E io ho un’immagine da difendere.

 

Forse chi mi ha visto in campo potrà non crederci, ma il mio primo incontro con la racchetta risale all’età di cinque anni. Si trattava di puro gioco, di dilettantismo per giunta da autodidatta, è chiaro, ma le ore, i giorni, i mesi trascorsi a spallettare contro un muro in un totale di due anni avevano dato dei discreti risultati. Poi ho cambiato casa, nel condominio di via Bentivogli era anche solo impensabile produrre un rumore che andasse al di sopra di uno o massimo due decibel onde evitare di disturbare i vicini incredibilmente rompiscatole (qualcuno può confermare che ad oggi le cose non sono cambiate) e pertanto ho appeso non solo metaforicamente la racchetta ad un chiodo (in cantina) e ho dimesso il pensiero, soprattutto vinta dalle pressioni dei miei genitori che, in totale contrasto, mi dicevano perché non vai a nuoto che è uno sport completo, invece il tennis ti ingrossa un braccio solo e poi sei sproporzionata.

 

Uno, a me il nuoto ha sempre fatto schifo. Difatti se dopo anni di corsi non ho imparato nemmeno a fare il morto a galla qualcosa dovrà per forza significare. Tipo che ho paura dell’acqua, ad esempio? Tipo che se mi trovo nella parte sbagliata del globo terracqueo mi viene un attacco di ansia perché quella massa liquida attorno a me e niente su cui appoggiare i piedini di saldo, solido e sicuro mi dà l’impressione di morire da un momento all’altro? Forse perché sono un segno di Terra? Non lo so, scegliete una spiegazione a caso. Due, non è vero che a tennis si ingrossa un braccio solo e poi si è sproporzionati: è vero che ho il muscolo destro leggermente più sviluppato del sinistro ma non è che sono diventata Mastro Lindo, dai. Tre, è inutile imporre uno sport ad una ragazzina: non appena avrà l’età della ragione, se non le piace, gliela darà su. E difatti ciao nuoto appena mi è stato possibile e benvenuti, nell’ordine: ginnastica artistica (un boiler in calzamaglia), palestra, aerobica, step, gag, jazznonsocosa (ma era carino), yoga. Sempre preso e mollato, ripreso e rimollato, ri-ri-preso e ri-ri-mollato. Tutto questo per venti lunghi anni.

 

Ma si sa, il primo amore non si scorda mai. E così tre anni fa, complice una settimana in Tunisia nel Villaggio Valtur Energy, di quei villaggi iperattivi dove si pratica ogni tipo di sport, dal kite-surf al tiro con l’arco passando per vela, canoa, Beach volley, Green volley, calcetto, bocce e ping pong, mi sono iscritta alle lezioni di tennis e tutto il periodo, un’ora al giorno, ho dato pessimo sfoggio di me stessa e della mia scarsa attitudine al movimento garantendo spettacoli di dubbia qualità al pubblico intervenuto. Ci sono anche dei contributi fotografici che non metto online altrimenti la mia immagine di fair lady si sgretolerebbe inesorabilmente. Una volta rientrata a Bologna mi sono informata e, fottendomene delle pressioni dei miei genitori che, in totale contrasto, mi dicevano perché non torni a nuoto che è uno sport completo, invece il tennis ti ingrossa un braccio solo e poi sei sproporzionata dopo un’attenta ricerca di mercato mi sono iscritta alla succitata Record, luogo dove ho conosciuto il mio Grande Amore di Sempre nonché adorato maestro Gianluca e gente sfigatissima tipo il Principe di San Marino anche perché con ogni desiderio, si sa, viene una maledizione – ma soprattutto dove per tre lunghi ed ininterrotti anni ho dato sfogo alla mia unica passione sportiva fin troppo repressa. Oddio, se mi vedeste giocare concordereste sul fatto che il mondo non si è perso niente…

 

Oggi, anzi due settimane fa per la precisione, è finito anche quel periodo perchè per una serie di atteggiamenti, di dispetti organizzativi e di presenze non gradite, ho deciso di non iscrivermi più. Dopotutto Gianluca non insegna dall’anno scorso, i corsi con il suo sostituto mi davano poca spinta, erano particolarmente monotoni ma soprattutto perchè diciamocelo francamente: sfoggiare i miei completini glamour al campetto di San Lazzaro mi dà più gusto. O forse perché giocare con quelli (molto) più bravi – almeno per come sono fatta – mi fa venire voglia di migliorare, continuamente. Anche se due ore sabato e tre domenica mi hanno leggermente ridotto ai minimi termini sono felice che, almeno con il tennis, ci sia stato un lieto fine anche per me.

 

Anzi. È la fine o solo un inizio?

LdC

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  1. Stefi: non troppo alto, rasato, pizzetto, somigliante un po’ a Pantani e un po’ ad Alex Baroni, accento veneto? Perchè non so dove sia approdato dopo aver lasciato Bologna…

  2. Io invece adoro il nuoto e l’acqua… cmq ti capisco denissino e fai bene quando puoi a giocare visto che bisogna fare lo sport che piace se no che gusto c’è????? ciao luna

  3. Cavolo il tennis! Nel cortile della casa dei miei ho passato intere estati a giocare a tennis contro un muro, praticamente tre mesi a fare dal mattino alla sera con un’ora di pausa per il pranzo, giuro, almeno otto ore a prendere a racchettate una palla… ancora adesso mi chiedo come ho fatto a non slogarmi il braccio, ma ero ragazzino.

    Ho fatto solo un’estate a giocare su campi veri e propri, bellissimo, ma nonostante questo non mi sono mai interessato a seguire il tennis professionistico in tv.

    Spero nel “solo un inizio” e non nella fine,

    Ste

    Ste

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