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Diario di uno scandalo – La recensione.

14 Marzo 2007

Le protagoniste sono esempi di fine e rara bellezza, ognuna delle quali rappresenta una fase della vita femminile – l’inconsapevole sensualità della bellezza non ostentata e il fascino della saggezza data dalla maturità – nonché due attrici assolutamente pragmatiche: le ho viste interpretare ruoli sempre differenti con medesima intensità. Cinema in centro, primo spettacolo di domenica sera, sala non particolarmente colma. Probabilmente erano tutti a vedere il nuovo con Scamarcio (buon divertimento). Pubblico adulto ma non classificabile perché troppo variegato.

 

Svariati commenti tra me e Sonia durante la proiezione, tutti bene o male tendenti all’incredulità.

 

Un diario segreto come compagno di una vita che è soltanto mera sopravvivenza a giornate identiche. Una creatura innocente che cade in trappola, attratta come ape da un miele fin troppo facile da ottenere. Un intreccio morboso, doppiamente sconcertante perché la trama principale ne contiene una parallela anch’essa abbastanza inquietante, che poi diventa fattore scatenante della follia. L’amarezza di scoprire quanto la solitudine possa influire sull’equilibrio delle persone al punto tale da far loro travisare qualunque cosa le circondi. La storia si svolge nella periferia di Londra e narra dell’incontro di due insegnanti, l’anziana Barbara e la giovane ed anticonformista Sheba, tra le quali si instaura un’amicizia che dire sbilanciata risulta decisamente limitativo. Due donne diversamente coinvolte da un rapporto di origine patologica che fa sì che il personaggio interpretato da Judi Dench ordisca una trama al fine di rendersi indispensabile alla “vittima” Cate Blanchett che, a causa di un grave errore, si affida ciecamente alle sue cure e premure maniacali, in un crescendo di sensazioni a metà fra Shining e Misery non deve morire.

 

Finale che lascia molte ferite scoperte e che, come al solito, non svelerò. Giudizio personale: può piacere e non piacere dato l’argomento non usuale (l’ossessione per un oggetto del desiderio manifestata da un’anziana professoressa anziché da un uomo, per esempio) anche se varrebbe comunque la pena per la qualità del cast. Come ho già avuto modo di commentare sul blog della Cugi (ottima la sua recensione) l’avrei fatto durare un po’ di più, forse aggiungendo qualche flashback che aprisse più spiragli sul passato e quindi sulle origini del tormento.

 

Senz’altro, dopo questo film, non guarderete più le simpatiche vecchiette con l’occhio di prima.

LdC

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  1. Film notevole. E, a mio avviso, è un bene che non sia più lungo. Basta con gli “spiegoni”, sono un’offesa all’immaginazione dello spettatore. Molto meglio che ciascuno, per meglio entrare nell’ossessione su cui è incentrato il film, s’inventi una sua storia, altrimenti andare al cinema diventa un percorso da lobotomizzati anziché una palestra dell’intelligenza.

  2. Già. Infatti ho visto INLAND EMPIRE da due settimane e solo ora, forse, ho intuito il significato degli uomini dalla testa da coniglio…

    Eroe del tuo inferno privato

  3. Io dovevo andare a vedere Borat, la mia amica Cate era d’accordo. Solo che poi Sandra ha detto ma io Borat non son mica tanto convinta, che ho paura che non mi piaccia fino in fondo, perchè non andiamo a vedere Scamarcio? tu capirai che conciliare punti di vista così differenti era impossibile. E’ poi per quello che ci siamo andate ad ubriacare al Never di via Saragozza.

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