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La nonna Linda.

5 Aprile 2007

Ecco, io è da quando ho il blog che in questo giorno vorrei scrivere un post su mia nonna, ma poi son successe sempre delle altre cose oppure non me la sentivo, oppure aprivo la pagina bianca di Word e non mi veniva nulla oltre al titolo e gliela davo su. Stavolta invece – dovesse uscirne una schifezza – io voglio scrivere di lei nel giorno del suo compleanno. La nonna Linda nacque a Pianoro (mamma, correggimi se sbaglio) il cinque aprile del millenovecento oppure, come abbreviava lei, cinquequattronovecento. Certo, se fossimo in un racconto noir, esordirei con un non indovinerete mai cos’ha fatto mia nonna – questa battuta la può capire solo chi ha visto l’intervista di Lucarelli venerdì scorso dalla Daria Bignardi – invece la nonna Linda, in vita, non fu un personaggio chiave della storia né si distinse mai per motivi particolari, ma era mia nonna e siccome io di nonni ne ho avuti parecchi ma me li sono goduti il giusto e soprattutto me li son gestiti male, ve la metto giù in chiave narrativa anche se poi so che alla fine voi direte tutto qui? Probabilmente è tutto qui e, ad ogni modo, comincia così.

 

Quando avevo undici anni mia nonna ebbe dei problemi di salute e una notte di luglio ci lasciò. L’impatto su di me non fu terribile, anche se per la prima volta mi trovavo a verificare sul campo le mie conoscenze sul concetto di vita-morte, probabilmente dovuto dal fatto che il rapporto con lei non era mai stato niente di che. Mia nonna era molto anziana e io vivevo nei suoi confronti una sorta di competizione il cui premio erano le attenzioni di mia mamma che, senza l’ausilio di nessun altro, doveva dividersi tra una figlia piccola (e bisognosa di cure avrei detto all’epoca, oggi mi viene da dire più che altro viziata) e una madre anziana (oggettivamente molto più bisognosa di me, ma vallo a capire all’epoca). Io vivevo quella rivalità non solo come un dispiacere ma anche come uno stato di emergenza perenne, perché mia nonna a volte non stava bene e mia mamma involontariamente mi trasmetteva agitazione, ansia, concitazione anche un po’ di paura. Mi ricordo che per me quelle occasioni erano terribili e le vivevo sempre come un pericolo imminente, tipo spada di Damocle sulla mia testa: oggi no, ma domani? Questo, unito all’egoismo cieco e immotivato che a volte i bambini sanno provare con molta più crudeltà degli adulti, fece sì che io con la nonna Linda non ebbi mai da spartire più di tanto.

 

La notte in cui morì la sognai – come succede nei film – che mi salutava. Sarà stato vero o sarà stato solo frutto della suggestione, fu soltanto da lì in poi che cominciai ad amarla attraverso i ricordi.

 

Mia nonna si è sposata abbastanza tardi, con un uomo più giovane di lei e altrettanto tardi ha avuto mia mamma. Atteggiamenti molto all’avanguardia, per una che aveva la mia età nel 1931. Mia nonna ha avuto due grandi amori: mio nonno e un altro uomo, prima di lui, che porta lo stesso nome dell’uomo che io ho amato di più fino ad oggi e che non so per quale motivo non abbia sposato (e comunque siamo pari perché tanto non l’ho sposato nemmeno io). Mia nonna adorava i cappellini, i tacchi a rocchetto, i guanti e tutti gli accessori frou frou esattamente come me – peccato che la moda sia ciclica, ma non così ciclica. Mia nonna era permalosa, emotiva, vanitosa, testarda e leggermente rompiscatole esattamente come sono io (non è raro che mia mamma mi ammonisca con un sei proprio come la nonna Linda!). Mia nonna era un Ariete, che è un segno di fuoco. Io ho l’ascendente in Sagittario, che è un segno di fuoco. Infatti in tante cose la capisco benissimo. Mia nonna aveva due gelaterie: quella in cima al parco della Montagnola e quella a porta Zamboni. La prima risale agli anni 40/50 e oggi non c’è più, mentre la seconda fece da sfondo all’incontro fra mia madre e mio padre negli anni 70 e oggi è una piadineria. Mia nonna rimase vedova a cinquant’anni e portò il lutto per sette, rimase sola con mia mamma che ne aveva dieci, un’attività da gestire, una casa, problemi, il dopoguerra, la ricostruzione, cazzi, mazzi e cotillons, e non si è mai dico mai risposata né tantomeno dedicata a qualcosa che non fosse mia mamma, l’attività, la casa, i problemi, il dopoguerra, la ricostruzione, i cazzi, i mazzi e i cotillons. E dopo qualche anno anche mio fratello (vedasi alla categoria cazzi e mazzi). Mia nonna era cicciotta ma si vedeva bellissima e adorava stare in posa nelle foto: ne ho alcune in cui sembra una modella, appoggiata alla cinquecento di mia mamma con il foulard al collo. Mia nonna non ha più pianto da quando è morto il nonno Alfredo se non quella volta in cui io aprii per curiosità un biglietto di San Valentino indirizzato a mio fratello e lui mi diede degli schiaffi sulle mani, per punizione. Quella volta – e solo quella – mi dissero che le si erano riempiti gli occhi di lacrime. Per il resto, una roccia. Mia nonna, che collezionava santini e ogni tanto li andava a sfogliare… questo è morto di questo, questa era la moglie di quello che è morto di quello… quello era il droghiere di via Zamboni… eccetera eccetera. Mia nonna aveva due sorelle, Dorina e Argentina e vi prego di non fare facili umorismi. Mia nonna, che era una bella presenza (come recentemente hanno definito anche me) e negli ultimi anni di vita invece era diventata una vecchina piccola, magrolina e indifesa. Mia nonna che le veniva sempre male alla schiena e appena finiva di pranzare scappava a sdraiarsi in camera sua, in silenzio, per non dare fastidio a nessuno. Mia nonna, che guardava sempre la televisione e Maurizio Costanzo lo chiamava MaurizioCostanzoShow. O anche solo semplicemente Maurizio, quando si sentiva più in confidenza. Mia nonna, che ha aspettato trentasette anni per raggiungere suo marito e l’unica foto in cui erano insieme risaliva a tantissimo tempo prima e noi gliel’abbiamo messa lo stesso, che ogni volta che passo al cimitero e la guardo penso alla canzone che dice bella come la mia nonna in una foto da ragazza. Mia nonna, che l’ho trattata sempre malissimo ed è uno dei miei rimpianti più grossi.

 

Ma tant’è.

 

Mia nonna, che se fosse ancora qui a centosette anni suonati, mi guarderebbe e mi chiederebbe cus’èl un post? E io le spiegherei che ho raccontato di lei perché le volevo dedicare qualcosa di speciale per il compleanno e, siccome pare che questa sia una delle attività che mi riesce meglio, ho scelto di scrivere. E lei risponderebbe come una poesia? E io le direi più o meno, ma non in rima.

 

E, alla parola poesia, comincerebbe a recitare “Le cinque giornate di Milano”.

 

Di questo ne sono sicura.

 

LdC

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  1. Un post stuuuuupendo Dani, mi hai proprio emozionata … BUona Pasqua e un abbraccione Crissss

  2. Vado fuori tema, come alle scuole medie, ma ti lascio gli auguri per una Pasqua davvero serena, con le persone che ami…

    Un abbraccio, cuginetta…

    Paola

  3. Pensa che oggi sarebbe stato il compleanno della mia… ed ero quasi riuscita a non pensarci! Buona Pasqua Dani.

  4. Come regalo pasquale volevo cercare la poesia sulle cinque giornate di Milano ma ahimè, tranne qualche frase che ricordiamo io e mia mamma, temo si sia smarrita nel dimenticatoio del tempo che scorre (manco Google, per intenderci). Comunque grazie per gli auguri e altrettanto fin da ora, se non vi rileggo/rivedo/risento entro domenica ;o)

  5. concordo questo tuo scritto e’ bellissimo, pochi mi toccano nell’animo.

    mia nonna si chiamava Nerina, ed era sfigatissima in amore….mai conosciuta pero’….spero che le cose non si ripetano.

    Pero’ quella cosa dei sogni non e’ una cazzata….troppo lungo da spiegare, ma c’e’ un tempo prima del trapasso e si e’ fatti della stessa materia sottile dei sogni.

  6. Forse è una cavolata, ma io ho sognato il cane mascotte della caserma dove avevo fatto la naja… era un cane che si era affezionato moltissimo a me, il giorno del mio congedo sono andato a salutarlo e ha fatto l’indifferente, come se non mi conoscesse, tutto serio… non rispondeva alle coccole. qualche notte dopo me lo sono sognato che ululava all’alzabandiera come faceva di solito, e ululava per me, ed era tristissimo. il giorno dopo mi hanno telefonato dalla caserma per dirmi che era stato investito da un auto.

    Ste

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