Finalmente ho terminato questo libro. Avete presente quando si adotta un romanzo e si parte pieni di buoni propositi: non lo si lascia blandamente sul comodino ma lo si porta in giro, nella trolley per il week end, sotto braccio quando si va al parco, in borsa per la pausa pranzo e non si trova mai un momento propizio per cominciarlo? A me è capitato così, poi ieri sera non avevo voglia di uscire, Lorenzo è andato al Covo e così l’ho attaccato. Iniziato e finito, ma più che altro per cercare di capire dove voleva andare a parare e, francamente, nonostante siano trascorse varie ore da quando l’ho chiuso, devo ancora capirlo.
Se dovessi limitarmi a dire piaciuto/non piaciuto, la mia risposta sarebbe senz’altro la prima, perché alcuni punti sono stati in grado di portare a galla delle sensazioni sulle quali mi è piaciuto ragionare un po’.
Tipo questa.
E prima o poi tutto si fa prosa e la poesia scompare, o resta rinchiusa in un’ora soltanto prima di prendere sonno, in mezzo alle cose normali, quelle che fanno tutti (…) Un’ora di poesia presa dai libri, perché la vita non fa più rime come un tempo, non è più tutta avventure e sole, e libertà di bicicletta e corse dopo la scuola; no, la vita si fa diversa, tutta in prosa, appunto, o soprattutto in prosa, anche se c’è una moglie e il suo sorriso, e bambini a cui adesso puoi raccontare tu, e farli sognare, almeno un’ora.
Dico, questo passo è emozionante.
Poi però, andando avanti nella lettura, una comincia a porsi dei quesiti: i personaggi a cui via via ci si affeziona non ricompaiono come una (almeno io) si aspetterebbe. C’è un sottilissimo filo, che è troppo sottile per essere un collegamento ma sufficientemente evidente per non rendere il romanzo una raccolta di racconti a sé stanti. C’è la voglia di saperne di più su come vanno a finire queste storie, ma non per quella sana spinta avida del lettore che vorrebbe avere qualche pagina dopo la fine: in questo caso, sostare più a lungo su alcuni personaggi avrebbe giovato allo spessore dell’intero lavoro.
Tutto sommato non me la sento di stigmatizzarlo in un giudizio negativo, fosse anche solo per la descrizione che l’autore riesce a dare dell’isola di origine di vari personaggi; una pennellata delicata ma nello stesso tempo drammatica di luoghi e abitudini che riesce perfino a dare la sensazione degli odori e del calore del sole sulla pelle.
Last but not least. Lo scaltro editore, pensando al titolo, avrà voluto buttarla sul discorso “Londra” per accattivarsi i fan della meravigliosa città, ma se prendete in mano questo volume pensando di ritrovarla fra sue le pagine resterete delusi perché è racchiusa solo in una piccola parentesi.
LdC
buoni i libri che danno sensazioni
L’ha letto anche qualcun altro di nostra conoscenza questo libro.
Lo so Giuliana, con la differenza che la nostra giornalitsa trnedy ha letto “Londra” nel titolo, la quarta di copertina e ci ha sbrodolato su due minchiate, io invece l’ho letto da cima a fondo ;)