Sarà snobismo, sarà un mio limite, ma ho sempre faticato a concepire alcuni individui come “scrittori”. Nella personalissima classifica che mi vede senz’altro al primo posto, subito dopo di me si colloca senza dubbio alcuno Giorgio Faletti. Niente di personale, cose che capitano e, ripeto, forse è un mio limite.
Ma se è vero che in un mondo popolato da gente che legge i romanzi di Moccia non serve molto per diventare un uomo da un milione di copie, è altrettanto vero che quei pochi sparuti lettori che ancora riescono a distinguere un libro vero da un bidet, proprio per questo motivo, sono tutto fuorché idioti.

Succede che, durante l’estate, qualcuno si mette a leggere Io sono Dio e, parbleu, si accorge di qualche stranezza. Ora, se quel qualcuno non fosse stato una che per mestiere fa la traduttrice e l’interprete -Eleonora Andreatta, questo è il suo nome- forse nessuno si sarebbe mai accorto che.
Sta però di fatto che la Andreatta trascorre una serata così piacevole a sbellicarsi sulle castronerie che trova scritte, che pensa bene di condividere la sua esperienza sul blog di Beppe Severgnini.

Per capire. L’errore, in traduzione, ci sta. I film stranieri che vediamo, in grossa parte, sono doppiati malissimo. Il problema è che Io sono Dio è un libro italiano, di un autore italiano, scritto e pubblicato in Italia. O forse no, dicono i malpensanti.

La casa editrice tace. Interpellato, l’autore riesce a giustificare l’accaduto soltanto con il colpo di genio, la frase magica, il moderno abracadabra che tutto risolve: siete solo invidiosi!

Al di là del fatto che essere invidiosi di uno che finge qualcosa… oh, insomma, i gusti son gusti… Quello che non riesco a spiegarmi (da qui il titolo del post) è il motivo per cui, quando qualcuno la fa grossa come una casa e viene sgamato –che sia un ghost writer, un fidanzamento-copertura, una borsa taroccata- semplicemente non si limita a prendere su e portare a casa.

E voi di chi siete soloinvidiosi?

LdC