Il mio personale percorso politico, come elettore, non è nato subito a sinistra e non ho mai fatto mistero di aver cominciato da tutt’altra parte. Questo per una serie di motivi su cui non sto a tediarvi, diciamo principalmente perché -per puro caso- la maggior parte delle persone che frequentavo da adolescente era di un certo schieramento. Lo racconto sempre senza farmi problemi, perché il bello della vita è anche cambiare idea e, poiché la vita è lunga, questo può accadere in qualsiasi momento. Parafrasando la canzone Mio fratello è figlio unico, sono stata ben contenta di aver potuto giudicare un film dopo averlo visto e, infatti, non molto tempo dopo, ho capito che quello che sentivo dentro non era assimilabile a ideali di centrodestra (posto che ce ne siano) ma dell’opposta parte. Sono diventata elettrice del PD per forza di cose, un po’ perché credevo in certe persone che purtroppo non ci sono più, un po’ perché ho sempre sperato che le loro “dinamiche” un giorno potessero cambiare in meglio. Il fatto che abbiano escogitato di tutto pur di mandarci a ramengo non mi esalta, non lo nascondo, e sono abbastanza triste per tutti i fatti recenti.
L’essere di sinistra, però, allora era ancora solo un germoglio che covavo dentro e che esprimevo in sede di voto: è stata la conoscenza del mio attuale fidanzato che mi ha fatto sbocciare completamente. Ero di sinistra, sì, mi definivo (e mi definisco tuttora) Comunista… ma non andavo alle manifestazioni, non cantavo Bella ciao, non facevo attivismo… e, non vi nascondo nemmeno questo, il 25 aprile e il 1° maggio, più che altro mi piaceva andare al mare con i miei amici. Tutto questo, ripeto, è cambiato molto da quando ho conosciuto Lorenzo, attraverso il quale mi si è aperto un mondo fatto di canzoni di Lotta e Resistenza, di ritrovi di Amici e Compagni, di manifestazioni per la festa della Liberazione… e tutto un mondo che non conoscevo.
E andare al mare il 25 aprile il 1° maggio, non mi è sembrato più così importante.
In principio non è che capissi molto tutto il loro impeto, la loro felicità, la gioia di ritrovarsi, gli abbracci, le parole che io -da orso quale sono- fatico da sempre a dire alle persone a cui tengo: ti voglio bene, mi sei mancato, è bello rivederti… loro lo facevano, saltando sulle note delle canzoni dei Gang… e io mi sentivo un po’ in disparte. Mi piaceva vederli, ma non capivo perché fosse necessario tutto quel contorno di entusiasmo: quando le cose si provano, si sanno, perché enfatizzarle a tal punto? Poi piangevano, su certi testi… e io non ci riuscivo e a volte mi son detta Boh, sarà caratteriale. Una sera, però, Marino ha cantato La pianura dei sette fratelli e quella volta ho pianto anche io. E non mi sono vergognata di farlo perché era un pianto sano, non so come spiegarlo… non è che fossi triste, mi sono sentita come investita di una responsabilità, quella di non far morire invano quelle persone, perché finché una storia si racconta e c’è gente che l’ascolta e la recepisce e la trasmette a sua volta, quella storia non muore davvero e le persone che l’hanno vissuta, che si sono sacrificate, vivono ancora in noi.
Questo è il mio 25 aprile. Lo so perfettamente -non doveva arrivare un comico genovese a ricordarmelo- che siamo ormai in pochi a portare avanti questo discorso, che questa ricorrenza è morta per chi siede oggi sugli scranni del governo (ma in loro non è mai vissuta, se vogliamo dirla tutta) però io sento questa cosa dentro, che mi spinge a fare parte di quello sparuto gruppo di idealisti, ho questa spinta, che mi fa commuovere se vedo seduto fra il pubblico un Partigiano, o se stringo la mano ad Adelmo Cervi: questa spinta si chiama SPERANZA e la speranza, come ben sapete, è l’ultima a morire… anche in momenti storici osceni come questo, io mi appiglio alla figura delle Staffette Partigiane, alle canzoni dei Gang o dei FEV e di tanti altri, che mi lasciano SPERARE che un giorno questo possa cambiare, che lo spirito Partigiano si allargherà via via di cuore in cuore, fino a darci nuova carica per affrontare quella merda di Paese dove ci tocca vivere.
Quindi, perdonatemi se mi sento molto offesa e se odio chi condivide il pensiero che il 25 aprile è morto: il 25 aprile non è mai esistito per certa gente, ma vive ancora nelle brave persone come noi, che sostengono l’Anpi, che ancora si fanno il mazzo per organizzare le manifestazioni, che cercano di riconoscersi fra mille, di ritrovarsi, per non perdersi e per non perdere lo spirito. Perché ancora vogliono CREDERE che si possa vivere una vita senza grossi eccessi, ma comunque onesta e dignitosa.
Se ci fosse un malato che sta cercando di curarsi, quanto gli farebbe bene all’animo ricordargli che la statistica di guarigione non depone a suo favore? Gli toglierebbe la speranza di un futuro e questo, riportato alle dichiarazioni di ieri del comico genovese, è il risultato di una pseudo-politica disfattista che solo il brutto vuole far emergere, ma che non si propone in alcun modo di cercare e di tirar fuori il meglio dalle persone. I Partigiani hanno dovuto distruggere un regime fascista, io dico che sono d’accordo nel distruggere la classe politica odierna a livello trasversale, ma ci vuole anche un momento in cui si dica Oibò, ma non siamo mica tutti dei pezzi di merda, qui c’è del bello e quel bello va ricordato, va salvato, va celebrato in memoria di chi ne è stato protagonista, ma anche per incoraggiare chi, ancora oggi, cerca di perpetrarlo. E, così ragionando, anche nelle questioni politiche quotidiane, bisognerebbe raccogliere fra le mani quel che c’è di buono e portarlo in cima a tutto, anziché mirare solo a ridurre in macerie.
Così ci uccidete la speranza, che è l’ultima fiammella che ci è rimasta. Non fatelo, non diteci che il 25 aprile è morto solo perché la classe politica non prova le nostre stesse cose e ci rema contro: lo sappiamo, così come sappiamo di non essere all’altezza dei nostri predecessori, ma comunque lottiamo. Abbiamo bisogno di sentirci dire che non lo stiamo facendo invano e che verrà presto una nuova Primavera, non distruggeteci i sogni.
LdC
Bellissimo articolo. Sei riuscita a commuovermi dicendo cose che anche io penso ma non sono in grado di esplicitarle con parole come le tue. Grazie
Questo 25 Aprile ci vogliono obbligare a lavorare, per piegarci alla loro logica di profitto, per umiliarci come lavoratori e persone, in questo legittimati dai contratti nazionali e integrativi siglati da Cgil, Cisl e Uil che hanno ormai introdotto l’obbligo del lavoro per moltissimi giorni segnati in rosso sul calendario.
il 25 aprile è la festa di tutti coloro che si ritengono contenti della liberazione dell’italia ( e non sono solo comunisti ). il 1 maggio è la festa “rossa” per eccellenza , è la festa dei proletari che vanno in piazza a oltraggiare i “padroni” che tutti i mesi gli permettono di mettere da mangiare in tavola…mah vabbè… mi fa piacere che tu festeggi più il primo maggio che il Natale , è indice ,oltre che di conoscere la storia e la basi della nostra civiltà ,di saper fornire la giusta importanza a eventi opposti. buona festa.