No, non è un post sulla fauna ittica di Porto Garibaldi!

Al di là della gente di cui mimportassega per definizione, cioè i parolai, i cioccapiatti e chi ama solo sentire il suono della propria voce, devo ammettere che ho sottovalutato a lungo l’importanza di fermarsi ad ascoltare gli estranei: non so perché, ero convinta che mi bastasse interagire solo col mio piccolo mondo/cerchia, senza bisogno di allargare le maglie della rete e far entrare qualcuno di nuovo. Paura, snobismo o pigrizia, questo devo ancora capirlo.

L’ho notato l’altro giorno con l’omino del caffè, in ufficio: niente di che, due chiacchiere, ma era una persona simpatica che mi ha intrattenuta qualche minuto di un qualsiasi martedì mattina. Abbiamo parlato di montagna e Sudtirolo, che ad entrambi piace molto. Non è stato grazie a lui, era già successo in precedenza ma non avevo realizzato: ho scoperto invece che se concedi cinque minuti di tempo a qualcuno, magari capita anche che ti racconta qualcosa di interessante, su di sé. Può essere l’omino del caffè, la cassiera della Conad, il ragazzo che corre conosciuto al parco: tutte conversazioni senza malizia, semplicemente due chiacchiere fra chi non si conosce.

Le persone che non conosci sono porte aperte su altri mondi.

Solo nella giornata di ieri ho incontrato una straordinaria gattara ottantenne (e ho imparato praticamente tutta la storia della sua vita), una coppia che ha appena preso in gestione il famoso Bar Margherita di via Saragozza a Bologna (andateci, sono persone deliziose e lo Spritz è ottimo) coi quali alla fine abbiamo scoperto di avere più affinità in comune di quanto credessimo, ovviamente tutti gattari, nonché un trascorso comune al Kinki!

E poi, diciamolo: perché mai le persone dovevano aver voglia di ascoltare me, quando per prima non le ascoltavo io?
Non dico che adesso, di punto in bianco, mi piacciono tutti… ma credo che sia giunto il momento di smetterla di chiudersi a priori solo perché non conosco qualcosa o qualcuno.

LdC