Premetto, questo post è farcito di citazioni tratte da musica nazional-popolare, astenersi dalla lettura puristi del rock e di ogni altro genere, snob, fighetti e tutti coloro che non colgono, nella semplicità di certi testi forse banali, la poesia.
La sinapsi come sempre mi si è accesa in un momento assolutamente poco indicato, infatti ero al concerto di Morandi e Baglioni mentre stavano cantando Tu come stai, e l’epifania riguarda la musica bella inquinata dai ricordi così così, che magari una volta erano belli, poi sono diventati bruttissimi, poi sono rimasti in un limbo di incertezza sul destino del rapporto, di quelle circostanze in cui non ci si odia ma non ci si ama, non si cambia stazione se la canzone passa per radio, ma non la si inserisce di certo nelle playlist di Spotify.
Per dire, la mia canzone preferita di tutti i tempi e di tutti i generi è Losing my religion dei R.E.M. e lo sapete perché è la mia canzone preferita? Perché, dalla prima volta che l’ho ascoltata e ancora ad oggi, è una canzone totalmente neutra, non mi ricorda nessuno, né una persona né un periodo né una situazione precisa: è solo bella, mi piace, l’ascolto spesso. E questa cosa, l’assenza di inquinamento, è un lusso che non mi capita mica spesso, anzi.
Il giorno in cui, sulla scia dell’entusiasmo per il concerto di Tiziano Ferro, ho comprato il biglietto per i Capitani Coraggiosi, sono stata ben più coraggiosa di loro perché lo sapevo perfettamente che si trattava di un concerto ad alto rischio magone, come lo chiamiamo noi a Bologna, perché nella discografia di entrambi faccio fatica a trovare qualche pezzo che non mi parli di adolescenza e musicarelli guardati con mia mamma e happy end che non mi capitavano mai; di depressioni e filarini che mi mollavano e ore vuote come uova di cioccolato ed un amico che ti avrà deluso, tradito, ingannato…
Ma quello che non mi sarei mai, mai, dico mai aspettata è che ieri sera, improvvisamente, certe canzoni erano tornate semplicemente ad occupare un posto che non faceva più male.
Ho una brillante carriera come professionista dello starmalismo, sono talmente abituata a vivere in costante fase down che quando sto finalmente bene e me ne accorgo, mi piglia l’horror vacui perché sono meno abituata.
Sto bene?
Cosa me ne faccio?
La risposta è: niente.
Magari a volte capita “solo” di sentirsi bene e, a dispetto di io qui tu là, a guardare il soffitto, come si può, come si fa anche abbastanza recenti, di occhi tuoi per sempre nei miei occhi che ancora starebbero lì a fissarmi se solo io mi voltassi, di non vogliamo andare in Paradiso se lì non si vede il mare sempre troppo pesanti da concepire, ieri sera ho ascoltato, cantato, gridato queste canzoni e finalmente erano di nuovo tutte canzoni. E io ero di nuovo io, non so come farvelo capire, ma è come se cercando in ogni angolo della testa non trovassi un motivo reale per soffrire o comunque, anche a patto di trovarlo, avere la consapevolezza di poter dire semplicemente posso gestirlo, che spero non capiti, ma se dovesse capitare sono pronta ad affrontarlo, perché adesso che non ne sono morta, so che non ci si muore (i temi sono vari, spaziano dall’amore al lavoro alla stima in sé, non prendetela letteralmente ma adattatela alla vostra situazione).
Poi, alla fine del concerto (spoiler) Gianni Morandi mi ha ricordato che il passato non potrà tornare uguale mai, forse è meglio, perché no, tu che ne sai che, guarda caso, è stato l’argomento di cui avevo parlato il giorno prima con la mia saggia amica.
“Io non sono più così” può essere letto in tanti modi e adesso io lo leggo nel modo più bello, quello che apre a tutto il resto che d’ora in poi posso diventare.
Adesso, finalmente, posso confermarvi che ho perso tutto (no, dai, molto ma non tutto) ma ho davvero ritrovato me e vi volevo dire, caro Claudio e caro Gianni, che non so come sia andata agli altri 999, ma una su mille ce l’ha fatta.
LdC