Eravamo rimasti al mio appuntamento disdetto.
Il giorno del suddetto appuntamento mi telefona mia mamma: «cosa ti è successo?» esclama preoccupata. Io, che me ne sto bella bella alla scrivania dell’ufficio, casco dal pero. «Niente, perché?». «Perché mi hanno telefonato quelli dell’Ospedale che non sei andata all’appuntamento!».
E lì, ingiurie come se piovesse (non a mia mamma, ovvio).
E’ mai possibile che un ospedale a cui ho già disdetto il mio appuntamento chiami i miei genitori –coi quali peraltro non convivo più dal 2006- e li metta in allarme? Cazzarola, ci sono i cellulari da vent’anni ormai: chiamatemi sul cellulare senza seminare angoscia fra i miei parenti.
Ok, risolvo, chiamo, chiarisco, suggerisco di aggiornare il loro sistema automatico di disdette perché tanto automatico non mi sembra, saluto e tento timidamente di ribadire il motivo della mia disdetta, ma non c’è verso.
«Esisterà pure un allergologo che capisca la mia situazione e reputi validi gli esami che ho già fatto senza per forza spillarmi altri quattrini?» mi son detta.
Ecco, sapevatelo, non esiste.
Perfino l’ultimo degli stronzi pretende di rifarvi gli esami e, sorvolando su quanta gente ho smosso, quante cifre mi son sentita dire e a quante porte ho bussato invano, vi basti sapere che la settimana successiva sono dovuta tornare dal mio dottore a farmi fare un’altra impegnativa per tornare dall’allergologo dell’Ospedale che sì, mi vorrà far ripagare il test perché non si fida del suo collega, ma almeno mi chiede 25€ e non 150€.
Ok, di nuovo quattro giorni di astinenza da antistaminici e facciamo girare l’economia!
Il bello viene ora. Perché dagli esami di questo allergologo emerge che io, a tutto sono allergica, fuorché al pelo del gatto. «Ma com’è possibile che nel test del dottor Tizio io sia risultata positiva con +++ e con lei assolutamente niente?» domando sospettosa. «Forse perché il test me l’ha fatto la tirocinante che ha sbrodolato ovunque tranne che sul mio braccio?» questo non lo dico ma chiedo di rifare il test. No, non si può perché l’esito non è dubbio, è CERTO CHE IO NON SONO ALLERGICA AL GATTO. Venite a sentire che concerti di apnea, la notte, e che ouvertoures di starnuti. Ma vabbè. Per tranquillizzarmi mi prenota una visita pneumologica per capire se le mie presunte non-allergie non mi portino per caso anche l’asma. Esame divertentissimo che meriterebbe un post a parte, che mi conferma in pienissima forma.
La settimana successiva mi ripresento in allergologia con i miei esiti, confidando nel fatto che se mi faranno un vaccino per tutto il resto, magari in minima parte potrà coprire anche la mia presunta non-allergia al gatto. Ma, colpo di scena, scopro che non ci sarà nessun vaccino perché «a volte il vaccino non è la soluzione migliore, le consigliamo di proseguire con gli antistaminici e ci vediamo fra un anno».
Un-a-n-n-o! E me l’ha detto con la nonchalance con cui dice caffè macchiato caldo al bar. Come se fosse la cosa più naturale del mondo. Ora: io sono allergica e tu sei un allergologo. Perché dovresti essere contrario a farmi un cazzo di vaccino? E’ il tuo mestiere! Fai girare l’economia ancora un po’, vendimi anche il vaccino! Drogami, ti prego!
Invece no, ancora un’ultima volta non c’è stato verso e, con le pive nel sacco, sono andata a fare scorta di Zirtec dal farmacista.
Nel frattempo il primo allergologo era ancora ai Caraibi in viaggio di nozze.
Son soddisfazioni.
LdC