Premetto, non è nulla di eclatante. Ognuno dà ai propri ricordi un senso particolare e personalissimo, quindi se a voi dice poco e niente non meravigliatevi.

La prima volta che siamo usciti mi ha portata in un locale storico di Bologna, l’Ustari da Matusel, che all’epoca era veramente un posto di quelli classici (se non erro un ex bordello… e ho già detto tutto) e che invece adesso è stato restaurato e non ha niente a che vedere con l’antico splendore, quindi l’imperativo è non andateci.

Sul finir della cena sogghigna e mi dice “vedi il cartello? Dice di chiedere il conto al tavolo”. Io lo guardo e per nulla stupita da tale richiesta mi accingo ad alzare una mano per richiamare l’attenzione del cameriere e invece lui mi ferma, congiunge le sue mani e le mette come a formare un megafono (insomma, raccontata rende il giusto, andrebbe mimata), si appoggia al tavolo e urla, letteralmente urla: “il contoooooooooo!”.

Vi rendete conto della figura?

Ovviamente la sottoscritta, che a neanche vent’anni era molto meno sciolta di adesso, è diventata di tutti i colori dell’arcobaleno e si è pure un po’ indispettita, mentre ora il ricordo mi incurva le labbra in un sorriso dolce, di tenerezza. Da quel momento in poi, ogni volta che siamo usciti a cena (e siamo stati insieme quasi sei anni), la gag del conto si è riproposta.

Vedete voi cosa può tornare in mente, certe volte.

LdC